ANTIEVOLUZIONISMO
venerdì 26 ottobre 2012
venerdì 19 ottobre 2012
La fine del DNA spazzatura e perché conta
La fine del DNA spazzatura e perché conta
Jonathan M. (www.evolutionnews.org)
Molti critici del Disegno Intelligente si pongono le domande: "Perché un sito ID dovrebbe essere contento di questa scoperta [si tratta dei recenti risultati del progetto ENCODE (Encyclopedia of DNA Elements), secondo i quali almeno l'80% del DNA è funzionale]?"; "La scoperta che gran parte delle regioni non codificanti dei genomi è funzionale confuta il Darwinismo e conferma l'ID?"
Si, questa scoperta è molto significativa e di grande interesse per i teorici dell'ID e i critici di Darwin, per almeno quattro ragioni.
La prima ragione è che l'affermazione che la maggior parte del nostro DNA è "spazzatura" è stata per lungo tempo usata dai critici dell'ID come obiezione al disegno: perché un progettista avrebbe riempito i nostri cromosomi con così tanta ridondanza? Ciò sarebbe sorprendente nell'ipotesi del disegno ma avrebbe un senso in una prospettiva Darwiniana, dove tali sequenze possono essere pensate come "i residui degli esperimenti falliti dalla natura" (Ohno, 1972). Così, mentre queste scoperte non confermano in modo diretto l'ID o smentiscono il Darwinismo, rispondono però ad una frequente critica dell'ipotesi di disegno.
La seconda ragione è che questa notizia dimostra il grande valore euristico dell'ID rispetto al naturalismo evoluzionistico. Mentre il concetto che la vita è il prodotto di un processo naturale cieco e non guidato va d'accordo con l'idea che un mucchio del nostro DNA non abbia alcuna funzione, il concetto di disegno porta a pensare che troveremo scopi ingegneristici in ogni parte della cellula. Mentre il paradigma evoluzionista scoraggia e ostacola la ricerca delle funzionalità, il paradigma ID la incoraggia decisamente.
Terzo, il DNA spazzatura condiviso [fra le specie] è stato spesso supposto offrire prova della discendenza comune Darwiniana [di tutte le specie da un unico progenitore]. Ma se queste sequenze non codificanti sono di fatto funzionali allora queste sequenze condivise possono essere facilmente spiegate dal disegno comune.
Infine, la sbandierata "identità" genomica del 98% tra uomo e scimpanzé si riferisce solo al 2% del DNA che codifica per la produzione di proteine. Le regioni del DNA non codificanti per proteine sono molto più specifiche per ogni specie. Se queste parti di DNA non codificanti sono veramente funzionali, allora cosa succede a tale "identità" e alla sua significanza rispetto all'ipotesi del "progenitore comune" di Darwin?...
Jonathan M. (www.evolutionnews.org)
Molti critici del Disegno Intelligente si pongono le domande: "Perché un sito ID dovrebbe essere contento di questa scoperta [si tratta dei recenti risultati del progetto ENCODE (Encyclopedia of DNA Elements), secondo i quali almeno l'80% del DNA è funzionale]?"; "La scoperta che gran parte delle regioni non codificanti dei genomi è funzionale confuta il Darwinismo e conferma l'ID?"
Si, questa scoperta è molto significativa e di grande interesse per i teorici dell'ID e i critici di Darwin, per almeno quattro ragioni.
La prima ragione è che l'affermazione che la maggior parte del nostro DNA è "spazzatura" è stata per lungo tempo usata dai critici dell'ID come obiezione al disegno: perché un progettista avrebbe riempito i nostri cromosomi con così tanta ridondanza? Ciò sarebbe sorprendente nell'ipotesi del disegno ma avrebbe un senso in una prospettiva Darwiniana, dove tali sequenze possono essere pensate come "i residui degli esperimenti falliti dalla natura" (Ohno, 1972). Così, mentre queste scoperte non confermano in modo diretto l'ID o smentiscono il Darwinismo, rispondono però ad una frequente critica dell'ipotesi di disegno.
La seconda ragione è che questa notizia dimostra il grande valore euristico dell'ID rispetto al naturalismo evoluzionistico. Mentre il concetto che la vita è il prodotto di un processo naturale cieco e non guidato va d'accordo con l'idea che un mucchio del nostro DNA non abbia alcuna funzione, il concetto di disegno porta a pensare che troveremo scopi ingegneristici in ogni parte della cellula. Mentre il paradigma evoluzionista scoraggia e ostacola la ricerca delle funzionalità, il paradigma ID la incoraggia decisamente.
Terzo, il DNA spazzatura condiviso [fra le specie] è stato spesso supposto offrire prova della discendenza comune Darwiniana [di tutte le specie da un unico progenitore]. Ma se queste sequenze non codificanti sono di fatto funzionali allora queste sequenze condivise possono essere facilmente spiegate dal disegno comune.
Infine, la sbandierata "identità" genomica del 98% tra uomo e scimpanzé si riferisce solo al 2% del DNA che codifica per la produzione di proteine. Le regioni del DNA non codificanti per proteine sono molto più specifiche per ogni specie. Se queste parti di DNA non codificanti sono veramente funzionali, allora cosa succede a tale "identità" e alla sua significanza rispetto all'ipotesi del "progenitore comune" di Darwin?...
giovedì 13 settembre 2012
L’uomo primitivo... mai esistito!
L’uomo primitivo... mai esistito!
Stefano Maria Chiari
Uno dei postulati dell’evoluzionismo contrasta le asserzioni di divina Rivelazione sulla caduta dell’uomo, creato da Dio perfetto e poi precipitato nelle deficienze inferte e determinate nella nostra natura dal peccato.
Infatti, checché ne dicano gli scienziati della Specula Vaticana – i quali pensano di poter conciliare l’inconciliabile (classico e quanto mai calzante diavolo ed acqua santa) – l’idea stessa di una evoluzione dal meno perfetto al più complesso implica un vero capovolgimento di prospettiva nei confronti del peccato originale, il quale, al contrario, attesta precisamente una decadenza da una situazione di benessere ad altra certamente peggiorativa.
Tra l’altro, non occorre essere dei geni per porre in evidenza un dato di fatto acclarato: la verità di un decadimento ed abbrutimento dell’umanità «verso il basso» è tema ricorrente in tutte le antiche tradizioni: dai miti dell’Olimpo narrati da Esiodo [«un’aurea stirpe di uomini mortali», che «crearono nei primissimi tempi gli immortali che hanno la dimora sull’Olimpo. Essi vissero ai tempi di Crono, quando regnava nel cielo; come dèi passavan la vita con l’animo sgombro da angosce, lontani, fuori dalle fatiche e dalla miseria; né la misera vecchiaia incombeva su loro (...) tutte le cose belle essi avevano» (Le opere e i giorni, versi 109 e seguenti)], fino alla tradizione egeoanatolica degli Iperborei, passando per il Satya Yuga, indù – epoca della Verità, nella quale l’umanità gode di una spontanea saggezza data dalla propria vicinanza al divino – senza tralasciare le narrazioni sciamaniche, antecedenti al buddismo, ed in questo incorporate nella dottrina del «Kalachakra» (la«Ruota del Tempo»), ove si racconta di una mitica città di «Shambhala», in Sanscrito «Fonte della Felicità»…, per terminare con i riscontri di caratteri cuneiformi (nella biblioteca di Nippur), che cantano di una perduta età dell’oro, terminata, secondo i Sumeri, a causa della gelosia del dio Enki nei confronti del dio Enlil…(ricorda nulla? L’inizio del libro della Sapienza…).
Genesi, quindi, non è voce isolata, ma spiegazione teologica e storica di un evento realmente accaduto.
Si potrebbe sempre obiettare che si tratti di copiature reciproche o risalenti ad un «antenato comune», come al solito mai trovato ed inventato di sana pianta… – un po’ come, passatemi l’analogia, che qui nulla c’entra, ma che rivela l’atteggiamento mentale dello studioso moderno e modernista (colmo di pregiudizi ideologici!) la fonte Q dei santi Vangeli! (ovviamente fonte inesistente, considerato il brevissimo lasso di tempo tra fatti e narrazione del fatto… a meno che non la si voglia identificare con gli «appunti» dei santi apostoli, ma l’intenzione, nel caso di specie, è quella di interporre un lasso temporale che giustifichi la tarda composizione!) – questo antenato/tradizione sarebbe quella che abbia poi influenzato tutte le altre; ma se fosse così, allora ci troveremmo niente più e niente meno che nell’alveo dell’unica Tradizione (difesa a diverso titolo da esoteristi e da cattolici, non modernisti si intende!) che poi è stata cambiata ed adattata a seconda dei luoghi e delle circostanze, senza nulla togliere alla verità del suo nucleo essenziale.
Al contrario, l’idea di un’età della Pietra – tanto propugnata da archeologi evoluzionisti (magari in latenza o inconsapevolmente) – è funzionale proprio al racconto dello scimmione «evolutosi», anche se risulta tuttavia poco conciliabile non soltanto con le tradizioni antiche – che, per il fatto di attestare tutte contemporaneamente le medesime verità, sebbene variamente sfumate, debbano perciò stesso meritare l’attenzione di antropologi e studiosi: se tutti hanno creduto la stessa cosa in luoghi differenti, probabilmente quella cosa deve avere, per lo meno, una parvenza di verità; sembra invece insostenibile pensare il contrario (come di fatto accade con l’evoluzione dell’umanità, secondo parametri di antropologia evoluzionista: età della pietra, età del bronzo, del ferro e via dicendo…) – ma perfino ai numerosi ritrovamenti archeologici.
Tanto è così che lo stupore degli studiosi di fronte a reiterate conferme di «impossibili storici» sfocia nel fantascientifico: sempre più spesso l’archeologia si muta in paleofulogia (su cui scrivemmo). Tutto questo però accade soltanto per una ragione: mai contestare l’assioma ideologicamente scelto dell’evoluzione umana! È chiaro: se l’uomo discende dalla scimmia, prima di essere un sapiens vero e geniale, devono passare secoli, anzi!, millenni! Dal che quanto cozza contro tale non provata teoria il rinvenimento di reperti archeologici completamente inspiegabili dal punto di vista cronologico, stante la supposta arretratezza del genere umano per l’epoca alla quale risalgono?
Ecco perché diversi documentari su History, Discovery Chanel , National Geografic si riempiono delle opinioni di fantascienziati, amanti di UFO, alieni e civiltà superiori, che ci avrebbero colonizzato illo tempore… di fatto, altra spiegazione non c’è! Delle due l’una: o l’uomo preistorico non è mai esistito (quindi era già evoluto e tecnologicamente avanzato, in qualche modo, e pertanto, mai scimmione!!!) oppure devono essere stati gli alieni.
Chiaramente la prima ipotesi non viene neppure presa in considerazione: meglio l’improponibile omino verde colonizzante piuttosto che contraddire Darwin… l’infallibile!
Mi riferisco, pertanto, ai cosiddetti misteri dell’archeologia antica, non soltanto i cosiddetti «OOPARTs», ovvero «Out Of Place ARTifacts», che potremmo tradurre come «Manufatti fuori luogo», ma interi siti preistorici, che lasciano molto perplessi i moderni studiosi. Senza fare un elenco esaustivo: dalle Piramidi a Göbekli Tepe e ancora dalla piramide di Yonaguni alle linee di Nazca… e via dicendo.
Invito alla lettura di alcuni spunti di riflessione al sito harunyahya.it utili a comprendere quanto finora oggetto di riflessione.
Stefano Maria Chiari
venerdì 6 aprile 2012
ADAMO ED EVA, L 'UOMO E LA DONNA
ADAMO ED EVA, L 'UOMO E LA DONNA
Centinaia di ricerche archeologiche oramai attestano, confermano di quei luoghi, delle mura e delle fondamenta di quelle città , di quei monumenti, di quelle culture, l’esistenza di quei popoli, di quelle razze , di quelle famiglie e gruppi , di quei nomi , quelle tradizioni, quegli alfabeti e con una sequenza impressionante; ricerche spaventosamente ve...re e certe ,non di una mitica Atlantide che si suppone sia esistita . Stirpi di popoli e coi loro discendenti descritte non inventati, con una successione troppo aderente ai fatti e ai luoghi che mano mano si restringe al solo popolo ebraico. Dopo averci raccontato l’origine dei popoli e la loro disposizione territoriale in molti casi valida ancora oggi, che va dal primo uomo e donna fino ad oggi ; Abramo ebbe due figli Ismaele, da cui discendono gli arabi, ancora oggi esistenti, e Isacco da cui Giacobbe e i dodici figli …. ,la cui discendenza ancora oggi esiste in qualche modo !! Non ci parlano di mitici continenti che si suppone l’esistenza ,ma di nomi e cognomi di gente che fa azioni storiche ,forma famiglie e discendenze di cui sono riportate le famiglie e quelli che interessano al racconto che si vuole tramandare attraverso le varie epoche . Bisogna mettersi le bende davanti agli occhi e farsi canne quotidiane per non vedere e affermare il contrario. Cioè dire che l’ uomo discenda dall ‘uccello padulo o dalla mosca africana o dal vibrione equatoriale in base a terie che non stanno né in cuelo né in terra , e che poi un essere di sesso maschile abbia ricercato sui cinque continenti un animale sessuato al femminile e si sia congiunto e l ‘abbia ingravidato per formare una famiglia !! Teorie semplicemente pazzesche !
Centinaia di ricerche archeologiche oramai attestano, confermano di quei luoghi, delle mura e delle fondamenta di quelle città , di quei monumenti, di quelle culture, l’esistenza di quei popoli, di quelle razze , di quelle famiglie e gruppi , di quei nomi , quelle tradizioni, quegli alfabeti e con una sequenza impressionante; ricerche spaventosamente ve...re e certe ,non di una mitica Atlantide che si suppone sia esistita . Stirpi di popoli e coi loro discendenti descritte non inventati, con una successione troppo aderente ai fatti e ai luoghi che mano mano si restringe al solo popolo ebraico. Dopo averci raccontato l’origine dei popoli e la loro disposizione territoriale in molti casi valida ancora oggi, che va dal primo uomo e donna fino ad oggi ; Abramo ebbe due figli Ismaele, da cui discendono gli arabi, ancora oggi esistenti, e Isacco da cui Giacobbe e i dodici figli …. ,la cui discendenza ancora oggi esiste in qualche modo !! Non ci parlano di mitici continenti che si suppone l’esistenza ,ma di nomi e cognomi di gente che fa azioni storiche ,forma famiglie e discendenze di cui sono riportate le famiglie e quelli che interessano al racconto che si vuole tramandare attraverso le varie epoche . Bisogna mettersi le bende davanti agli occhi e farsi canne quotidiane per non vedere e affermare il contrario. Cioè dire che l’ uomo discenda dall ‘uccello padulo o dalla mosca africana o dal vibrione equatoriale in base a terie che non stanno né in cuelo né in terra , e che poi un essere di sesso maschile abbia ricercato sui cinque continenti un animale sessuato al femminile e si sia congiunto e l ‘abbia ingravidato per formare una famiglia !! Teorie semplicemente pazzesche !
una scala non fa primavera
se una scala di marmo ha dei gradini ordinati non vuol dire che ogni gradino discende da un altro ,tuttalpiu posso dire che sono stati tratti dallo stesso pezzo di marmo !!
sabato 31 marzo 2012
Umanesimo Wojtyliano e cristianesimo
Il grade papa Wojtila è uno dei più gradi umanisti comparsi in questo secolo, forse il più grande sotto tutti gli aspetti.
Egli ha avuto il merito di avere socializzato il cattolicesimo presentandolo come elemento non più distaccato dal mondo ma come dottrina collante delle teorie umane . Prendiamo un solo aspetto della sua visione culturale che ha realizzato, fermiamoci ai sacramenti della Chiesa che sono strumenti di salvezza , mezzi attraverso i quali Dio perdona gli uomini e restituisce la comunione con lui ,ovvero la salvezza . Ora lui li socializza al massimo , per lui sono strumenti di pace e fratellanza sociale ,molto utili all'aggregato umano . Il che non è errato perchè sono anche questa cosa ,ma non solo questa cosa . Manca l 'aspetto divino, manca l'aspetto sacrificatorio, di riscatto dal peccato, anzi di quest 'ultimo si fa una forte riduzione . Questo è uno dei piu grandi papi sotto l'aspetto umano che la Chiesa Cattolica abbia avuto.
Egli ha avuto il merito di avere socializzato il cattolicesimo presentandolo come elemento non più distaccato dal mondo ma come dottrina collante delle teorie umane . Prendiamo un solo aspetto della sua visione culturale che ha realizzato, fermiamoci ai sacramenti della Chiesa che sono strumenti di salvezza , mezzi attraverso i quali Dio perdona gli uomini e restituisce la comunione con lui ,ovvero la salvezza . Ora lui li socializza al massimo , per lui sono strumenti di pace e fratellanza sociale ,molto utili all'aggregato umano . Il che non è errato perchè sono anche questa cosa ,ma non solo questa cosa . Manca l 'aspetto divino, manca l'aspetto sacrificatorio, di riscatto dal peccato, anzi di quest 'ultimo si fa una forte riduzione . Questo è uno dei piu grandi papi sotto l'aspetto umano che la Chiesa Cattolica abbia avuto.
venerdì 23 marzo 2012
L’argomento evolutivo contro il naturalismo
L’argomento evolutivo contro il naturalismo
L’argomento evolutivo contro il naturalismo | UCCR
Nel 1993, il filosofo Alvin Plantinga, professore emerito di filosofia alla University of Notre Dame e presidente del Dipartimento di Filosofia al Calvin College, proponeva un’originale formulazione dell’idea che la negazione aprioristica di un Creatore sia fondamentalmente irrazionale. Il ragionamento di Plantinga è universalmente noto come “Evolutionary Argument Against Naturalism” -EAAN (“argomento evolutivo contro il naturalismo”). Oggi, dopo essere passato indenne attraverso quasi venti anni di severo scrutinio, Plantinga ripropone l’EAAN nel suo ultimo libro, “Where the Conflict Really Lies: Science, Religion and Naturalism” (Hardback 2011). Cominciamo con l’osservare che Plantinga definisce il naturalismo come la posizione filosofica che non ammette l’esistenza di un Dio personale e che implica il materialismo, vale a dire l’idea che gli esseri umani non hanno “un Sé, un’anima o un ego immateriali” e che “sono fatti in tutto e per tutto di carne e sangue e ossa”. Ora, secondo il filosofo è questa concezione, e non la fede, a essere in conflitto con la scienza. Per poter comprendere il nucleo dell’EAAN è necessaria una piccola digressione “tecnica”.
Il ragionamento dipende infatti in maniera essenziale dal concetto di “defeater”, che indica – nel contesto dell’epistemologia – una convinzione che, se provata vera, implicherebbe direttamente o indirettamente la falsità di un’altra convinzione. Per i nostri scopi, tradurremo “defeater” con l’espressione “un confutante”. Ecco un esempio: abbiamo appena comprato un termometro T – che naturalmente riteniamo affidabile – quando veniamo a sapere che esso è stato prodotto da una certa fabbrica F, che appartiene a un matto il cui unico obiettivo nella vita è di boicottare la società industriale. A tale scopo, costui introduce apposta molti strumenti difettosi nella linea di produzione. Pertanto, dato che noi non abbiamo alcun modo di conoscere il rapporto tra il numero dei termometri buoni e quello dei termometri difettosi, la logica ci suggerisce di buttare a mare tutte le temperature fin qui rilevate da T, perché non abbiamo più la ragionevole certezza che esse siano attendibili! In definitiva, l’affermazione “La probabilità P che T sia affidabile, sapendo che T è stato fabbricato da F, è molto bassa o indeterminata” costituisce un confutante della nostra convinzione iniziale che T sia un valido strumento di misura.
Passiamo adesso a esaminare l’argomento evolutivo di Plantinga. Assumeremo che le nostre facoltà cognitive (memoria, percezione, pensiero razionale e così via) si possono ritenere affidabili se le loro conseguenze risultano in maggioranza vere. Come si sa, secondo le attuali teorie evolutive tutte le innumerevoli caratteristiche delle attuali forme di vita – comprese dunque le nostre capacità cognitive – sarebbero comparse attraverso meccanismi quali la selezione naturale e la deriva genetica, che agiscono sulle fonti di variazione (come le mutazioni genetiche casuali). La selezione naturale elimina la maggior parte di queste mutazioni, ma qualcuna mostra di avere valore di sopravvivenza e aumenta l’adattamento. Queste ultime, perciò, si diffondono nella popolazione e persistono nel tempo. È bene sottolineare che, secondo Plantinga, questo schema evolutivo è perfettamente compatibile con l’idea teista che Dio ci abbia creati a Sua immagine e somiglianza, e in particolare dotati della capacità di acquisire conoscenza. La teoria dell’evoluzione, in effetti, prevede soltanto che le mutazioni genetiche siano casuali, intendendo con ciò che esse non devono essere implicite nella struttura dell’organismo, che di norma non devono giocare un ruolo positivo nella sua capacità di sopravvivere, ed eventualmente che non devono essere prevedibili; ma essa non può escludere la possibilità che tali mutazioni siano in realtà causate, orchestrate e predisposte da Dio. Come è facile capire, questa forma di evoluzione teista è totalmente equivalente a quella ateista, alla luce delle prove scientifiche oggi disponibili. Quindi, secondo Plantinga, la teoria dell’evoluzione in sé non è in contraddizione con l’idea che Dio ci abbia creati in modo tale che le nostre facoltà cognitive siano affidabili (perfettamente in grado, cioè, di “adeguare l’intelletto alla realtà”).
Ma se il naturalismo è vero, Dio non esiste, e pertanto non vi è nessuno che sovrintende al nostro percorso evolutivo. Il che ci porta dritti alla questione cruciale, quella intorno a cui ruota l’EAAN: quanto è probabile che le nostre capacità cognitive siano affidabili, data la loro origine evolutiva e supponendo vero il naturalismo? Ebbene, la risposta più logica per chi sostiene il naturalismo dovrebbe essere “molto poco”, come comprese lo stesso Darwin: «Mi sorge sempre l’orrido dubbio se le convinzioni della mente umana, che si è sviluppata dalla mente degli animali inferiori, siano di qualche valore o in qualche modo attendibili. Chi riporrebbe la sua fiducia nelle convinzioni della mente di una scimmia – se pure esistono delle convinzioni in una tale mente?». Il “Dubbio di Darwin” è stato ribadito in tempi più recenti da Patricia Smith Churchland, che lo ha sottoscritto in pieno. In sintesi, esso nasce dalla una semplice considerazione: dal momento che la selezione naturale si limita a premiare i comportamenti che aumentano l’adattamento, non ha alcuna importanza se le convinzioni che stanno alla base di quei comportamenti sono vere o false. Basandoci solo sulla teoria dell’evoluzione, in pratica, non possiamo dire nulla di positivo sulla verità delle conclusioni a cui possono portare i nostri processi intellettivi. Se infatti accettiamo il riduzionismo materialista implicito nel naturalismo, ogni comportamento è causato esclusivamente da processi cerebrali deterministici, quindi dalla “neurologia sottostante” (per così dire). È questa neurologia ad essere adattiva, e per il naturalismo essa è l’unica fonte delle convinzioni: dal punto di vista dell’adattamento, però, non è necessario che queste siano vere, purché consentano la sopravvivenza dell’individuo.
Un esempio divertente è fornito da Plantinga. Immaginiamo di osservare un nostro ipotetico antenato pre‑umano, Paul. Si avvicina una tigre; il comportamento più appropriato è naturalmente la fuga. Ora, Paul pensa che la tigre sia un enorme gattone amichevole, e decide di giocarci; è convinto però che il modo migliore per farlo sia di farsi inseguire senza lasciarsi mai acchiappare. Quanto alla sopravvivenza, Paul è a posto; quanto all’aderenza con la realtà, lo è indubbiamente di meno! Di fatto, per ogni comportamento che produce adattamento sono possibili diversi contenuti mentali – corrispondenti a convinzioni diverse, alcune delle quali vere e alcune false – che, nell’ottica del materialismo, non sono in relazione causale con esso. Perciò, data la selezione darwiniana e il naturalismo, possiamo conservativamente stimare pari a circa il 50% la probabilità che fosse vera ogni data convinzione che si andava via via fissando, nel corso dell’evoluzione, nella struttura neurale della nostra specie. In effetti, dando per scontato il naturalismo, è logico concludere che l’affidabilità complessiva dei nostri processi mentali deve essere effettivamente molto scarsa. Del resto, non avendo informazioni certe su come siano andate realmente le cose, l’unica alternativa scientificamente valida che ci rimane è la sospensione del giudizio: in altre parole, dovremmo ammettere di non poter dire niente di sicuro sull’affidabilità delle nostre facoltà cognitive.
A questo punto, possiamo esprimere in forma analitica le considerazioni fin qui esposte. Indichiamo con R la proposizione “Le nostre facoltà cognitive sono affidabili”, con N “Il naturalismo è vero”, e con E “Ci siamo evoluti in modo neo‑darwiniano” (non è difficile individuare nella congiunzione N&E quella forma di scientismo che pretende di spiegare ogni aspetto della vita umana attraverso il paradigma di caso e necessità). Indichiamo infine con P(R/N&E) la probabilità che le nostre facoltà cognitive siano affidabili, dati il naturalismo e il neo‑darwinismo, e con D la proposizione “P(R/N&E) è molto piccola o indeterminata” (che, per quanto detto sopra, consegue da N&E). Ebbene, è evidente che se si accetta N&E e si comprende che D è vera, quest’ultima risulta essere un confutante di R: in altri termini, siamo costretti a dubitare di tutte le nostre convinzioni – inclusa ovviamente N&E. In quanto confutante di R, perciò, D lo è anche della stessa N&E! Insomma, lo scientismo – nella variante N&E – risulta essere una convinzione auto‑confutante, vale a dire una concezione che non è possibile sostenere razionalmente. In sostanza, se si accetta il naturalismo non ha senso credere nell’evoluzionismo darwiniano, e viceversa. Se d’altra parte fosse vero il teismo (la negazione del naturalismo), Dio potrebbe aver predisposto e diretto l’evoluzione in maniera tale che dovessero comparire sulla Terra, a tempo debito, creature dotate di affidabili facoltà cognitive; in questo caso, non si rileverebbe alcuna contraddizione logica con le osservazioni scientifiche.
Concludendo, dall’analisi di Plantinga si deduce che naturalismo e neo‑darwinismo sono in conflitto, poiché non è ragionevolmente possibile accettare entrambi. Dato dunque che il neo‑darwinismo è una parte di fondamentale importanza della scienza moderna, dovremmo prendere atto che si comincia a delineare un profondo conflitto tra naturalismo e scienza… mentre continua a non essercene alcuno tra fede e scienza.
Michele Forastiere e Antonio Ballarò
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