venerdì 26 ottobre 2012
venerdì 19 ottobre 2012
La fine del DNA spazzatura e perché conta
La fine del DNA spazzatura e perché conta
Jonathan M. (www.evolutionnews.org)
Molti critici del Disegno Intelligente si pongono le domande: "Perché un sito ID dovrebbe essere contento di questa scoperta [si tratta dei recenti risultati del progetto ENCODE (Encyclopedia of DNA Elements), secondo i quali almeno l'80% del DNA è funzionale]?"; "La scoperta che gran parte delle regioni non codificanti dei genomi è funzionale confuta il Darwinismo e conferma l'ID?"
Si, questa scoperta è molto significativa e di grande interesse per i teorici dell'ID e i critici di Darwin, per almeno quattro ragioni.
La prima ragione è che l'affermazione che la maggior parte del nostro DNA è "spazzatura" è stata per lungo tempo usata dai critici dell'ID come obiezione al disegno: perché un progettista avrebbe riempito i nostri cromosomi con così tanta ridondanza? Ciò sarebbe sorprendente nell'ipotesi del disegno ma avrebbe un senso in una prospettiva Darwiniana, dove tali sequenze possono essere pensate come "i residui degli esperimenti falliti dalla natura" (Ohno, 1972). Così, mentre queste scoperte non confermano in modo diretto l'ID o smentiscono il Darwinismo, rispondono però ad una frequente critica dell'ipotesi di disegno.
La seconda ragione è che questa notizia dimostra il grande valore euristico dell'ID rispetto al naturalismo evoluzionistico. Mentre il concetto che la vita è il prodotto di un processo naturale cieco e non guidato va d'accordo con l'idea che un mucchio del nostro DNA non abbia alcuna funzione, il concetto di disegno porta a pensare che troveremo scopi ingegneristici in ogni parte della cellula. Mentre il paradigma evoluzionista scoraggia e ostacola la ricerca delle funzionalità, il paradigma ID la incoraggia decisamente.
Terzo, il DNA spazzatura condiviso [fra le specie] è stato spesso supposto offrire prova della discendenza comune Darwiniana [di tutte le specie da un unico progenitore]. Ma se queste sequenze non codificanti sono di fatto funzionali allora queste sequenze condivise possono essere facilmente spiegate dal disegno comune.
Infine, la sbandierata "identità" genomica del 98% tra uomo e scimpanzé si riferisce solo al 2% del DNA che codifica per la produzione di proteine. Le regioni del DNA non codificanti per proteine sono molto più specifiche per ogni specie. Se queste parti di DNA non codificanti sono veramente funzionali, allora cosa succede a tale "identità" e alla sua significanza rispetto all'ipotesi del "progenitore comune" di Darwin?...
Jonathan M. (www.evolutionnews.org)
Molti critici del Disegno Intelligente si pongono le domande: "Perché un sito ID dovrebbe essere contento di questa scoperta [si tratta dei recenti risultati del progetto ENCODE (Encyclopedia of DNA Elements), secondo i quali almeno l'80% del DNA è funzionale]?"; "La scoperta che gran parte delle regioni non codificanti dei genomi è funzionale confuta il Darwinismo e conferma l'ID?"
Si, questa scoperta è molto significativa e di grande interesse per i teorici dell'ID e i critici di Darwin, per almeno quattro ragioni.
La prima ragione è che l'affermazione che la maggior parte del nostro DNA è "spazzatura" è stata per lungo tempo usata dai critici dell'ID come obiezione al disegno: perché un progettista avrebbe riempito i nostri cromosomi con così tanta ridondanza? Ciò sarebbe sorprendente nell'ipotesi del disegno ma avrebbe un senso in una prospettiva Darwiniana, dove tali sequenze possono essere pensate come "i residui degli esperimenti falliti dalla natura" (Ohno, 1972). Così, mentre queste scoperte non confermano in modo diretto l'ID o smentiscono il Darwinismo, rispondono però ad una frequente critica dell'ipotesi di disegno.
La seconda ragione è che questa notizia dimostra il grande valore euristico dell'ID rispetto al naturalismo evoluzionistico. Mentre il concetto che la vita è il prodotto di un processo naturale cieco e non guidato va d'accordo con l'idea che un mucchio del nostro DNA non abbia alcuna funzione, il concetto di disegno porta a pensare che troveremo scopi ingegneristici in ogni parte della cellula. Mentre il paradigma evoluzionista scoraggia e ostacola la ricerca delle funzionalità, il paradigma ID la incoraggia decisamente.
Terzo, il DNA spazzatura condiviso [fra le specie] è stato spesso supposto offrire prova della discendenza comune Darwiniana [di tutte le specie da un unico progenitore]. Ma se queste sequenze non codificanti sono di fatto funzionali allora queste sequenze condivise possono essere facilmente spiegate dal disegno comune.
Infine, la sbandierata "identità" genomica del 98% tra uomo e scimpanzé si riferisce solo al 2% del DNA che codifica per la produzione di proteine. Le regioni del DNA non codificanti per proteine sono molto più specifiche per ogni specie. Se queste parti di DNA non codificanti sono veramente funzionali, allora cosa succede a tale "identità" e alla sua significanza rispetto all'ipotesi del "progenitore comune" di Darwin?...
giovedì 13 settembre 2012
L’uomo primitivo... mai esistito!
L’uomo primitivo... mai esistito!
Stefano Maria Chiari
Uno dei postulati dell’evoluzionismo contrasta le asserzioni di divina Rivelazione sulla caduta dell’uomo, creato da Dio perfetto e poi precipitato nelle deficienze inferte e determinate nella nostra natura dal peccato.
Infatti, checché ne dicano gli scienziati della Specula Vaticana – i quali pensano di poter conciliare l’inconciliabile (classico e quanto mai calzante diavolo ed acqua santa) – l’idea stessa di una evoluzione dal meno perfetto al più complesso implica un vero capovolgimento di prospettiva nei confronti del peccato originale, il quale, al contrario, attesta precisamente una decadenza da una situazione di benessere ad altra certamente peggiorativa.
Tra l’altro, non occorre essere dei geni per porre in evidenza un dato di fatto acclarato: la verità di un decadimento ed abbrutimento dell’umanità «verso il basso» è tema ricorrente in tutte le antiche tradizioni: dai miti dell’Olimpo narrati da Esiodo [«un’aurea stirpe di uomini mortali», che «crearono nei primissimi tempi gli immortali che hanno la dimora sull’Olimpo. Essi vissero ai tempi di Crono, quando regnava nel cielo; come dèi passavan la vita con l’animo sgombro da angosce, lontani, fuori dalle fatiche e dalla miseria; né la misera vecchiaia incombeva su loro (...) tutte le cose belle essi avevano» (Le opere e i giorni, versi 109 e seguenti)], fino alla tradizione egeoanatolica degli Iperborei, passando per il Satya Yuga, indù – epoca della Verità, nella quale l’umanità gode di una spontanea saggezza data dalla propria vicinanza al divino – senza tralasciare le narrazioni sciamaniche, antecedenti al buddismo, ed in questo incorporate nella dottrina del «Kalachakra» (la«Ruota del Tempo»), ove si racconta di una mitica città di «Shambhala», in Sanscrito «Fonte della Felicità»…, per terminare con i riscontri di caratteri cuneiformi (nella biblioteca di Nippur), che cantano di una perduta età dell’oro, terminata, secondo i Sumeri, a causa della gelosia del dio Enki nei confronti del dio Enlil…(ricorda nulla? L’inizio del libro della Sapienza…).
Genesi, quindi, non è voce isolata, ma spiegazione teologica e storica di un evento realmente accaduto.
Si potrebbe sempre obiettare che si tratti di copiature reciproche o risalenti ad un «antenato comune», come al solito mai trovato ed inventato di sana pianta… – un po’ come, passatemi l’analogia, che qui nulla c’entra, ma che rivela l’atteggiamento mentale dello studioso moderno e modernista (colmo di pregiudizi ideologici!) la fonte Q dei santi Vangeli! (ovviamente fonte inesistente, considerato il brevissimo lasso di tempo tra fatti e narrazione del fatto… a meno che non la si voglia identificare con gli «appunti» dei santi apostoli, ma l’intenzione, nel caso di specie, è quella di interporre un lasso temporale che giustifichi la tarda composizione!) – questo antenato/tradizione sarebbe quella che abbia poi influenzato tutte le altre; ma se fosse così, allora ci troveremmo niente più e niente meno che nell’alveo dell’unica Tradizione (difesa a diverso titolo da esoteristi e da cattolici, non modernisti si intende!) che poi è stata cambiata ed adattata a seconda dei luoghi e delle circostanze, senza nulla togliere alla verità del suo nucleo essenziale.
Al contrario, l’idea di un’età della Pietra – tanto propugnata da archeologi evoluzionisti (magari in latenza o inconsapevolmente) – è funzionale proprio al racconto dello scimmione «evolutosi», anche se risulta tuttavia poco conciliabile non soltanto con le tradizioni antiche – che, per il fatto di attestare tutte contemporaneamente le medesime verità, sebbene variamente sfumate, debbano perciò stesso meritare l’attenzione di antropologi e studiosi: se tutti hanno creduto la stessa cosa in luoghi differenti, probabilmente quella cosa deve avere, per lo meno, una parvenza di verità; sembra invece insostenibile pensare il contrario (come di fatto accade con l’evoluzione dell’umanità, secondo parametri di antropologia evoluzionista: età della pietra, età del bronzo, del ferro e via dicendo…) – ma perfino ai numerosi ritrovamenti archeologici.
Tanto è così che lo stupore degli studiosi di fronte a reiterate conferme di «impossibili storici» sfocia nel fantascientifico: sempre più spesso l’archeologia si muta in paleofulogia (su cui scrivemmo). Tutto questo però accade soltanto per una ragione: mai contestare l’assioma ideologicamente scelto dell’evoluzione umana! È chiaro: se l’uomo discende dalla scimmia, prima di essere un sapiens vero e geniale, devono passare secoli, anzi!, millenni! Dal che quanto cozza contro tale non provata teoria il rinvenimento di reperti archeologici completamente inspiegabili dal punto di vista cronologico, stante la supposta arretratezza del genere umano per l’epoca alla quale risalgono?
Ecco perché diversi documentari su History, Discovery Chanel , National Geografic si riempiono delle opinioni di fantascienziati, amanti di UFO, alieni e civiltà superiori, che ci avrebbero colonizzato illo tempore… di fatto, altra spiegazione non c’è! Delle due l’una: o l’uomo preistorico non è mai esistito (quindi era già evoluto e tecnologicamente avanzato, in qualche modo, e pertanto, mai scimmione!!!) oppure devono essere stati gli alieni.
Chiaramente la prima ipotesi non viene neppure presa in considerazione: meglio l’improponibile omino verde colonizzante piuttosto che contraddire Darwin… l’infallibile!
Mi riferisco, pertanto, ai cosiddetti misteri dell’archeologia antica, non soltanto i cosiddetti «OOPARTs», ovvero «Out Of Place ARTifacts», che potremmo tradurre come «Manufatti fuori luogo», ma interi siti preistorici, che lasciano molto perplessi i moderni studiosi. Senza fare un elenco esaustivo: dalle Piramidi a Göbekli Tepe e ancora dalla piramide di Yonaguni alle linee di Nazca… e via dicendo.
Invito alla lettura di alcuni spunti di riflessione al sito harunyahya.it utili a comprendere quanto finora oggetto di riflessione.
Stefano Maria Chiari
venerdì 6 aprile 2012
ADAMO ED EVA, L 'UOMO E LA DONNA
ADAMO ED EVA, L 'UOMO E LA DONNA
Centinaia di ricerche archeologiche oramai attestano, confermano di quei luoghi, delle mura e delle fondamenta di quelle città , di quei monumenti, di quelle culture, l’esistenza di quei popoli, di quelle razze , di quelle famiglie e gruppi , di quei nomi , quelle tradizioni, quegli alfabeti e con una sequenza impressionante; ricerche spaventosamente ve...re e certe ,non di una mitica Atlantide che si suppone sia esistita . Stirpi di popoli e coi loro discendenti descritte non inventati, con una successione troppo aderente ai fatti e ai luoghi che mano mano si restringe al solo popolo ebraico. Dopo averci raccontato l’origine dei popoli e la loro disposizione territoriale in molti casi valida ancora oggi, che va dal primo uomo e donna fino ad oggi ; Abramo ebbe due figli Ismaele, da cui discendono gli arabi, ancora oggi esistenti, e Isacco da cui Giacobbe e i dodici figli …. ,la cui discendenza ancora oggi esiste in qualche modo !! Non ci parlano di mitici continenti che si suppone l’esistenza ,ma di nomi e cognomi di gente che fa azioni storiche ,forma famiglie e discendenze di cui sono riportate le famiglie e quelli che interessano al racconto che si vuole tramandare attraverso le varie epoche . Bisogna mettersi le bende davanti agli occhi e farsi canne quotidiane per non vedere e affermare il contrario. Cioè dire che l’ uomo discenda dall ‘uccello padulo o dalla mosca africana o dal vibrione equatoriale in base a terie che non stanno né in cuelo né in terra , e che poi un essere di sesso maschile abbia ricercato sui cinque continenti un animale sessuato al femminile e si sia congiunto e l ‘abbia ingravidato per formare una famiglia !! Teorie semplicemente pazzesche !
Centinaia di ricerche archeologiche oramai attestano, confermano di quei luoghi, delle mura e delle fondamenta di quelle città , di quei monumenti, di quelle culture, l’esistenza di quei popoli, di quelle razze , di quelle famiglie e gruppi , di quei nomi , quelle tradizioni, quegli alfabeti e con una sequenza impressionante; ricerche spaventosamente ve...re e certe ,non di una mitica Atlantide che si suppone sia esistita . Stirpi di popoli e coi loro discendenti descritte non inventati, con una successione troppo aderente ai fatti e ai luoghi che mano mano si restringe al solo popolo ebraico. Dopo averci raccontato l’origine dei popoli e la loro disposizione territoriale in molti casi valida ancora oggi, che va dal primo uomo e donna fino ad oggi ; Abramo ebbe due figli Ismaele, da cui discendono gli arabi, ancora oggi esistenti, e Isacco da cui Giacobbe e i dodici figli …. ,la cui discendenza ancora oggi esiste in qualche modo !! Non ci parlano di mitici continenti che si suppone l’esistenza ,ma di nomi e cognomi di gente che fa azioni storiche ,forma famiglie e discendenze di cui sono riportate le famiglie e quelli che interessano al racconto che si vuole tramandare attraverso le varie epoche . Bisogna mettersi le bende davanti agli occhi e farsi canne quotidiane per non vedere e affermare il contrario. Cioè dire che l’ uomo discenda dall ‘uccello padulo o dalla mosca africana o dal vibrione equatoriale in base a terie che non stanno né in cuelo né in terra , e che poi un essere di sesso maschile abbia ricercato sui cinque continenti un animale sessuato al femminile e si sia congiunto e l ‘abbia ingravidato per formare una famiglia !! Teorie semplicemente pazzesche !
una scala non fa primavera
se una scala di marmo ha dei gradini ordinati non vuol dire che ogni gradino discende da un altro ,tuttalpiu posso dire che sono stati tratti dallo stesso pezzo di marmo !!
sabato 31 marzo 2012
Umanesimo Wojtyliano e cristianesimo
Il grade papa Wojtila è uno dei più gradi umanisti comparsi in questo secolo, forse il più grande sotto tutti gli aspetti.
Egli ha avuto il merito di avere socializzato il cattolicesimo presentandolo come elemento non più distaccato dal mondo ma come dottrina collante delle teorie umane . Prendiamo un solo aspetto della sua visione culturale che ha realizzato, fermiamoci ai sacramenti della Chiesa che sono strumenti di salvezza , mezzi attraverso i quali Dio perdona gli uomini e restituisce la comunione con lui ,ovvero la salvezza . Ora lui li socializza al massimo , per lui sono strumenti di pace e fratellanza sociale ,molto utili all'aggregato umano . Il che non è errato perchè sono anche questa cosa ,ma non solo questa cosa . Manca l 'aspetto divino, manca l'aspetto sacrificatorio, di riscatto dal peccato, anzi di quest 'ultimo si fa una forte riduzione . Questo è uno dei piu grandi papi sotto l'aspetto umano che la Chiesa Cattolica abbia avuto.
Egli ha avuto il merito di avere socializzato il cattolicesimo presentandolo come elemento non più distaccato dal mondo ma come dottrina collante delle teorie umane . Prendiamo un solo aspetto della sua visione culturale che ha realizzato, fermiamoci ai sacramenti della Chiesa che sono strumenti di salvezza , mezzi attraverso i quali Dio perdona gli uomini e restituisce la comunione con lui ,ovvero la salvezza . Ora lui li socializza al massimo , per lui sono strumenti di pace e fratellanza sociale ,molto utili all'aggregato umano . Il che non è errato perchè sono anche questa cosa ,ma non solo questa cosa . Manca l 'aspetto divino, manca l'aspetto sacrificatorio, di riscatto dal peccato, anzi di quest 'ultimo si fa una forte riduzione . Questo è uno dei piu grandi papi sotto l'aspetto umano che la Chiesa Cattolica abbia avuto.
venerdì 23 marzo 2012
L’argomento evolutivo contro il naturalismo
L’argomento evolutivo contro il naturalismo
L’argomento evolutivo contro il naturalismo | UCCR
Nel 1993, il filosofo Alvin Plantinga, professore emerito di filosofia alla University of Notre Dame e presidente del Dipartimento di Filosofia al Calvin College, proponeva un’originale formulazione dell’idea che la negazione aprioristica di un Creatore sia fondamentalmente irrazionale. Il ragionamento di Plantinga è universalmente noto come “Evolutionary Argument Against Naturalism” -EAAN (“argomento evolutivo contro il naturalismo”). Oggi, dopo essere passato indenne attraverso quasi venti anni di severo scrutinio, Plantinga ripropone l’EAAN nel suo ultimo libro, “Where the Conflict Really Lies: Science, Religion and Naturalism” (Hardback 2011). Cominciamo con l’osservare che Plantinga definisce il naturalismo come la posizione filosofica che non ammette l’esistenza di un Dio personale e che implica il materialismo, vale a dire l’idea che gli esseri umani non hanno “un Sé, un’anima o un ego immateriali” e che “sono fatti in tutto e per tutto di carne e sangue e ossa”. Ora, secondo il filosofo è questa concezione, e non la fede, a essere in conflitto con la scienza. Per poter comprendere il nucleo dell’EAAN è necessaria una piccola digressione “tecnica”.
Il ragionamento dipende infatti in maniera essenziale dal concetto di “defeater”, che indica – nel contesto dell’epistemologia – una convinzione che, se provata vera, implicherebbe direttamente o indirettamente la falsità di un’altra convinzione. Per i nostri scopi, tradurremo “defeater” con l’espressione “un confutante”. Ecco un esempio: abbiamo appena comprato un termometro T – che naturalmente riteniamo affidabile – quando veniamo a sapere che esso è stato prodotto da una certa fabbrica F, che appartiene a un matto il cui unico obiettivo nella vita è di boicottare la società industriale. A tale scopo, costui introduce apposta molti strumenti difettosi nella linea di produzione. Pertanto, dato che noi non abbiamo alcun modo di conoscere il rapporto tra il numero dei termometri buoni e quello dei termometri difettosi, la logica ci suggerisce di buttare a mare tutte le temperature fin qui rilevate da T, perché non abbiamo più la ragionevole certezza che esse siano attendibili! In definitiva, l’affermazione “La probabilità P che T sia affidabile, sapendo che T è stato fabbricato da F, è molto bassa o indeterminata” costituisce un confutante della nostra convinzione iniziale che T sia un valido strumento di misura.
Passiamo adesso a esaminare l’argomento evolutivo di Plantinga. Assumeremo che le nostre facoltà cognitive (memoria, percezione, pensiero razionale e così via) si possono ritenere affidabili se le loro conseguenze risultano in maggioranza vere. Come si sa, secondo le attuali teorie evolutive tutte le innumerevoli caratteristiche delle attuali forme di vita – comprese dunque le nostre capacità cognitive – sarebbero comparse attraverso meccanismi quali la selezione naturale e la deriva genetica, che agiscono sulle fonti di variazione (come le mutazioni genetiche casuali). La selezione naturale elimina la maggior parte di queste mutazioni, ma qualcuna mostra di avere valore di sopravvivenza e aumenta l’adattamento. Queste ultime, perciò, si diffondono nella popolazione e persistono nel tempo. È bene sottolineare che, secondo Plantinga, questo schema evolutivo è perfettamente compatibile con l’idea teista che Dio ci abbia creati a Sua immagine e somiglianza, e in particolare dotati della capacità di acquisire conoscenza. La teoria dell’evoluzione, in effetti, prevede soltanto che le mutazioni genetiche siano casuali, intendendo con ciò che esse non devono essere implicite nella struttura dell’organismo, che di norma non devono giocare un ruolo positivo nella sua capacità di sopravvivere, ed eventualmente che non devono essere prevedibili; ma essa non può escludere la possibilità che tali mutazioni siano in realtà causate, orchestrate e predisposte da Dio. Come è facile capire, questa forma di evoluzione teista è totalmente equivalente a quella ateista, alla luce delle prove scientifiche oggi disponibili. Quindi, secondo Plantinga, la teoria dell’evoluzione in sé non è in contraddizione con l’idea che Dio ci abbia creati in modo tale che le nostre facoltà cognitive siano affidabili (perfettamente in grado, cioè, di “adeguare l’intelletto alla realtà”).
Ma se il naturalismo è vero, Dio non esiste, e pertanto non vi è nessuno che sovrintende al nostro percorso evolutivo. Il che ci porta dritti alla questione cruciale, quella intorno a cui ruota l’EAAN: quanto è probabile che le nostre capacità cognitive siano affidabili, data la loro origine evolutiva e supponendo vero il naturalismo? Ebbene, la risposta più logica per chi sostiene il naturalismo dovrebbe essere “molto poco”, come comprese lo stesso Darwin: «Mi sorge sempre l’orrido dubbio se le convinzioni della mente umana, che si è sviluppata dalla mente degli animali inferiori, siano di qualche valore o in qualche modo attendibili. Chi riporrebbe la sua fiducia nelle convinzioni della mente di una scimmia – se pure esistono delle convinzioni in una tale mente?». Il “Dubbio di Darwin” è stato ribadito in tempi più recenti da Patricia Smith Churchland, che lo ha sottoscritto in pieno. In sintesi, esso nasce dalla una semplice considerazione: dal momento che la selezione naturale si limita a premiare i comportamenti che aumentano l’adattamento, non ha alcuna importanza se le convinzioni che stanno alla base di quei comportamenti sono vere o false. Basandoci solo sulla teoria dell’evoluzione, in pratica, non possiamo dire nulla di positivo sulla verità delle conclusioni a cui possono portare i nostri processi intellettivi. Se infatti accettiamo il riduzionismo materialista implicito nel naturalismo, ogni comportamento è causato esclusivamente da processi cerebrali deterministici, quindi dalla “neurologia sottostante” (per così dire). È questa neurologia ad essere adattiva, e per il naturalismo essa è l’unica fonte delle convinzioni: dal punto di vista dell’adattamento, però, non è necessario che queste siano vere, purché consentano la sopravvivenza dell’individuo.
Un esempio divertente è fornito da Plantinga. Immaginiamo di osservare un nostro ipotetico antenato pre‑umano, Paul. Si avvicina una tigre; il comportamento più appropriato è naturalmente la fuga. Ora, Paul pensa che la tigre sia un enorme gattone amichevole, e decide di giocarci; è convinto però che il modo migliore per farlo sia di farsi inseguire senza lasciarsi mai acchiappare. Quanto alla sopravvivenza, Paul è a posto; quanto all’aderenza con la realtà, lo è indubbiamente di meno! Di fatto, per ogni comportamento che produce adattamento sono possibili diversi contenuti mentali – corrispondenti a convinzioni diverse, alcune delle quali vere e alcune false – che, nell’ottica del materialismo, non sono in relazione causale con esso. Perciò, data la selezione darwiniana e il naturalismo, possiamo conservativamente stimare pari a circa il 50% la probabilità che fosse vera ogni data convinzione che si andava via via fissando, nel corso dell’evoluzione, nella struttura neurale della nostra specie. In effetti, dando per scontato il naturalismo, è logico concludere che l’affidabilità complessiva dei nostri processi mentali deve essere effettivamente molto scarsa. Del resto, non avendo informazioni certe su come siano andate realmente le cose, l’unica alternativa scientificamente valida che ci rimane è la sospensione del giudizio: in altre parole, dovremmo ammettere di non poter dire niente di sicuro sull’affidabilità delle nostre facoltà cognitive.
A questo punto, possiamo esprimere in forma analitica le considerazioni fin qui esposte. Indichiamo con R la proposizione “Le nostre facoltà cognitive sono affidabili”, con N “Il naturalismo è vero”, e con E “Ci siamo evoluti in modo neo‑darwiniano” (non è difficile individuare nella congiunzione N&E quella forma di scientismo che pretende di spiegare ogni aspetto della vita umana attraverso il paradigma di caso e necessità). Indichiamo infine con P(R/N&E) la probabilità che le nostre facoltà cognitive siano affidabili, dati il naturalismo e il neo‑darwinismo, e con D la proposizione “P(R/N&E) è molto piccola o indeterminata” (che, per quanto detto sopra, consegue da N&E). Ebbene, è evidente che se si accetta N&E e si comprende che D è vera, quest’ultima risulta essere un confutante di R: in altri termini, siamo costretti a dubitare di tutte le nostre convinzioni – inclusa ovviamente N&E. In quanto confutante di R, perciò, D lo è anche della stessa N&E! Insomma, lo scientismo – nella variante N&E – risulta essere una convinzione auto‑confutante, vale a dire una concezione che non è possibile sostenere razionalmente. In sostanza, se si accetta il naturalismo non ha senso credere nell’evoluzionismo darwiniano, e viceversa. Se d’altra parte fosse vero il teismo (la negazione del naturalismo), Dio potrebbe aver predisposto e diretto l’evoluzione in maniera tale che dovessero comparire sulla Terra, a tempo debito, creature dotate di affidabili facoltà cognitive; in questo caso, non si rileverebbe alcuna contraddizione logica con le osservazioni scientifiche.
Concludendo, dall’analisi di Plantinga si deduce che naturalismo e neo‑darwinismo sono in conflitto, poiché non è ragionevolmente possibile accettare entrambi. Dato dunque che il neo‑darwinismo è una parte di fondamentale importanza della scienza moderna, dovremmo prendere atto che si comincia a delineare un profondo conflitto tra naturalismo e scienza… mentre continua a non essercene alcuno tra fede e scienza.
Michele Forastiere e Antonio Ballarò
giovedì 22 marzo 2012
Eresie del 20° secolo
CAPITOLO IX
ERESIE DAL XVII AL XX SECOLO
E' destino dell'anima umana
tracciarsi quasi sempre una strada fra due abissi, fra due eccessi, fra due
scogli. Se si getta in Dio fino a volervisi immergere e il quietismo spesso
demoralizzante; se si allontana da Dio per affidarsi solo alla ragione e agli
istinti, è il naturalismo, molto più frequente e più pericoloso del quietismo.
In tutti i capitoli del presente libro avremmo potuto indicare questi due
pericoli, le due tentazioni perpetue della mente umana. L'abbiamo fatto del
resto situando le sette protestanti tra il razionalismo e l'illuminismo. Ma
questo sarà molto più evidente nel presente capitolo, che riguarda gli errori o
le eresie moderne e contemporanee in seno alla Chiesa universale.
IL
QUIETISMO
Secondo quanto si è detto, il
quietismo non si deve considerare un'apparizione prettamente moderna Esso si
era infatti manifestato parecchie volte, nel corso dei secoli, e per lo più
associato a dottrine sospette o a pratiche immorali. Lo si può definire come
" la ricerca di una estrema passività spirituale, che tende
all'annientamento dell'io umano mediante l'assorbimento in Dio ". Così
inteso, il quietismo è alla base del buddhismo, il cui ideale è il nirvana. Lo
riscontriamo anche nell'estasi neo-platonica. Ma per restare nel campo della
spiritualità cristiana, si era avuto del quietismo nei messaliani o euchiti,
condannati nel concilio di Efeso (431), e che credevano di raggiungere la pace
eterna nella guerra contro i demoni per mezzo della preghiera continua. Si
trovano tracce di quietismo negli esichiasti del secolo XIV, nei conventi del
Monte Athos e - in Occidente - nei Fratelli del libero spirito, nei fraticelli,
nei beguardi e nelle beghine del secolo XIII, i quali miravano a raggiungere
l'impeccabilità mediante l'assorbimento in Dio, e che furono condannati nel
concilio di Vienna del 1312. Il quietismo affiora nelle dottrine di maestro
Eckart, di cui furono censurate 28 proposizioni dal papa Giovanni XXII nel
1329. Il quietismo fu anche il principale errore degli Alumbrados spagnoli dei
secoli XVI e XVII, che furono continuamente perseguitati dalla Inquisizione.
Ma il teorico più completo del
quietismo fu il sacerdote spagnolo Miguel de Molinos, nato a Munies, presso
Saragozza, nel 1628 e morto a Roma nel 1696. Era una natura profonda, un'anima
pia, un carattere dolce, amabile e attraente, uria niente di alta intelligenza
e di vasta cultura. Venne a Roma per una causa di beatificazione, e non volle
più lasciare la città dei papi. Divenne presto noto e stimato direttore di
anime. La sua opera principale fu il libro scritto in spagnolo: La Guida spirituale, che
apparve a Roma nel 1675. Questo scritto fu particolarmente ammirato dai
pietisti protestanti tedeschi, che lo tradussero in tedesco e in latino. Molinos
insegnava che la perfezione cristiana consiste nella perfetta tranquillità
dell'anima. Questa tranquillità deve giungere fino alla soppressione di
qualunque desiderio, compreso il desiderio della santità e a maggior ragione il
desiderio del paradiso. In questo stato di completa tranquillità, l'anima è
annientata in Dio, è perduta in un totale abbandono al suo beneplacito e non
deve più badare ai cattivi pensieri, ai desideri perversi e nemmeno agli atti
immorali che vorrebbero turbarla. Non vi sono infatti più peccati per una
simile anima. La sua volontà assorbita in Dio non vi acconsente. Al contrario,
il modo migliore per essa di annientarsi, è quello di accettare quelle
tentazioni e quelle deviazioni carnali, senza preoccuparsene minimamente.
Il primo che denunciò questi
errori fu il celebre predicatore gesuita italiano Padre Segneri. Ma
l'entusiasmo era tale che sul principio si biasimò Segneri per le sue critiche.
Tuttavia, quando si sottoposero gli scritti di Molinos a un esame approfondito,
e soprattutto quando si vennero a conoscere le circa 20.000 lettere di
direzione nelle quali esponeva il suo pensiero più intimo, si potè costatare
tutta l'estensione del male.
Nei conventi che egli dirigeva,
le religiose disprezzavano la confessione, le indulgenze, la penitenza e le
preghiere vocali, e si ritenevano non colpevoli delle loro colpe materiali.
Sessantotto proposizioni furono tratte dalle opere di Molinos e condannate da
Innocenzo XI il 20 novembre 1687. Molinos era stato arrestato fin dal 1685. Fu condannato
alla detenzione perpetua, ritrattò i propri errori nel 1687 e si spense solo
nove anni dopo.
IL
SEMI-QUIETISMO
Una forma mitigata della stessa
dottrina si sviluppò poco tempo dopo in Francia e impegnò i due più insigni
personaggi del tempo Bossuet e Fènelon.
Una certa nobildonna Giovanna
Maria Bouvier de la Motte ,
vedova Guyon, nata a Montargis nel 1681 si era data, dopo la morte del marito,
all'alta devozione e si era posta sotto la direzione del barnabita Francesco
Làcombe, superiore delle Orsoline di Thonon. Ora il P. Làcombe era quietista.
Madame Guyon si entusiasmò delle sue teorie e pubblicò alcuni libri impetuosi e
confusi nei quali le esponeva come se fossero la quintessenza della dottrina
della perfezione messa alla portata di tutti: i Torrenti spirituali, il Modo
breve e facilissimo di fare orazione e il Cantico dei Cantici. Dopo la condanna
di Molinos, il P. Lacombe fu anch'egli perseguitato, arrestato, interrogato e
quindi rinchiuso nella Bastiglia nel 1687. Morirà nel 1699 nella casa di salute
di Charenton. Parimenti Madame Guyon fu internata qualche tempo dopo in un
convento di Orsoline (1688), ma una volta riavuta la libertà si acquistò
l'appoggio di alcune nobildonne di fama, tra le quali Madame de Maintenon, e
ottenne perfino l'approvazione di Fénelon, allora precettore del duca di
Borgogna. Le sue idee, discusse con incredibile sottigliezza tra Fénelon e
Bossuet, nella lunga serie di Conferenze di Issy (1694-1695) portarono a un
documento in 34 articoli, che furono sottoscritti da Madame Guyon e da Fénelon,
come pure da Bossuet e dai suoi amici. Ma quando Bossuet volle commentarli in
un libro intitolato Stati di orazione, Fénelon rep1icò con le sue Spiegazioni
delle massime dei santi, che non erano più dello stesso tenore. Il libro fu deferito
alla Santa Sede, che condannò 23 proposizioni il 12 marzo 1699. Fénelon si
sottomise subito senza riserve. La prima proposizione contiene l'essenziale di
questa pericolosa dottrina: "Esiste uno stato abituale di amor di Dio, che
è carità pura e scevra di qualunque interesse proprio. Né il timore delle pene,
né il desiderio delle ricompense vi hanno più parte. Non si ama più Dio con
l'idea di meritare o di raggiungere la perfezione, né per ottenere la felicità
che si trova nell'amarlo ".Ciò significava che il " puro amore "
esige una completa alienazione, e la soppressione degli atti di speranza di cui
la Chiesa fa
obbligo ai cristiani. Precisiamo che né il P. Làcombc, né Madame Guyon - e
tanto meno lo scrupoloso Fénelon - diedero mai adito all'accusa di
indifferentismo morale che era stata rivolta contro Molinos.
IL
NATURALISMO
Al polo opposto del quietismo,
che è una eresia per anime elette, si trova il naturalismo. Si può dire che
questa è la grande eresia dei tempi moderni. Non potremo offrirne qui un
panorama molto limitato; né i nomi che avremo modo di citare sono così noti,
sia nella storia della filosofia moderna e contemporanea, sia nella storia
letteraria, che ognuno di essi costituisce una sufficiente indicazione.
Che cosa è, prima di tutto, il
naturalismo? E' una negazione del soprannaturale, della rivelazione divina di
qualunque religione cosiddetta positiva, come il cristianesimo, del miracolo e
della sua stessa possibilità di qualunque dogma obbligatorio e infallibile. Nel
naturalismo, sono l'uomo, la ragione umana, la coscienza umana e le passioni
umane, secondo i vari punti di vista, che sostituiscono la religione. La legge
stessa del naturalismo è quella specie di anarchia delle idee e dei sistemi,
che caratterizza la società moderna contemporanea a partire dal secolo XVIII.
Per orientarci in seno a questa anarchia, proveremo a mettere dei sottotitoli
che indicano altrettante forme del naturalismo in generale.
IL
LIBERO PENSIERO
II termine libero pensiero, che
doveva farsi strada in un modo così singolare, appare per la prima volta in una
lettera di Molyneux a Giovanni Locke a proposito di Giovanni Toland, un
irlandese apostata che aveva appena pubblicato un libro dal titolo: II
Cristianesimo senza misteri, in cui professava il razionalismo integrale. Ma
prima di Toland si può ricordare Herbert di Cherbury, Hobbes, Giovanni Locke,
Shaftesbury. E possiamo vedere chiaramente il libero pensiero derivare dal
disgusto provocato dalle infinite dispute teologiche tra protestanti e
cattolici, e forse ancor più tra le sette protestanti, soprattutto fra
episcopaliani e presbiteriani inglesi. Tra i liberi pensatori si deve segnalare
in Inghilterra Collins, Tindal, lord Bolingbroke, uno dei maestri di Voltaire.
I titoli dei libri da essi pubblicati sono rivelatori: Discorso sulla libertà
di pensiero (Collins, 1713); I diritti della Chiesa cristiana difesi contro i
preti romani (Tindal, 1706); II cristianesimo antico come la creazione (idem,
1730); I pensieri sulla religione naturale (Bolingbroke, 1736).
Ma il vero arsenale del libero
pensiero fu il Dizionario storico e critico di Pietro Bayle (1647-1706), che
era stato di volta in volta protestante, cattolico e poi nuovamente
protestante, e infine libero, pensatore. Questo Dizionario, straordinariamente ricco
di erudizione rispetto all'epoca e apparentemente ortodosso, fu una miniera
inesauribile di dubbi, di obiezioni e di riflessioni critiche contro i dogmi e
le tradizioni del cristianesimo. Pubblicato nel 1697, ebbe più di 10 edizioni
prima del 1760, e fornì forse la prima idea dell'Enciclopedia.
Pietro Bayle era oriundo francese
e fu in Francia che il libero pensiero, per quanto alimentato dagli scrittori
inglesi sopra ricordati, ebbe nel secolo XVIII gli sviluppi più fulminei. E'
sufficiente una semplice enumerazione di nomi e di opere. Fino al 1750 il
libero pensiero si limita a satire eleganti. Non si sente ancora prorompere
l'ira. Si rimane allo stadio della facile canzonatura, della Critica verso le
credenze e le istituzioni. Il grande nemico della tradizione è allora il
Montesquieu delle Lettere persiane (1721). Ma entra presto in scena Voltaire.
E' uno scrittore agile, piccante, frivolo, suadente, avido di gloria, di lusso
, di piacere, che parla di tutto, si ride di tutto e non ha rispetto per nulla.
Ma dopo il 1750 comincia un
secondo periodo, nel quale si manifesta un odio inesorabile contro la religione
rivelata. La parola d'ordine è quella che si trova ripetutamente nelle lettere
di Voltaire ai suoi amici è "Schiacciamo l'infame!" La più formidabile
macchina guerra che viene eretta contro la Chiesa è l'Enciclopedia o Dizionario ragionato
delle scienze, delle arti e dei mestieri, a cura di una società di letterali
(prospetto nel 1750; volume I nel 1751; fine della pubblicazione nel 1766; in
17 volumi in folio, più 5 volumi di supplementi nel 1777 e 11 volumi di
illustrazioni). Dirigevano la pubblicazione Diderot e d'Alembert, ma vi
collaborarono tutti gli scrittori più noti del secolo: Voltaire, Montesquieu,
Buffon, Condillac, Mably, Turgot, Helvetius, d'Holbach, Marmotel, Grimm,
Necker.
IL
ROUSSEAUNIANISMO
In questo quadro del libero
pensiero, è opportuno collocare separatamente uno scrittore originale,
eloquente, toccante, attraente, colorito e romantico, che fece sempre partito a
sé fra gli autori del suo secolo: GianGiacomo Rousseau. Con lui ci troviamo nel
centro stesso del naturalismo. Egli esalta la natura, la proclama pura e buona
in se stessa e nelle sue origini. Non sarà certamente lui ad ammettere il
peccato originale. Con Rousseau si è agli antipodi del luteranesimo, del
calvinismo e del giansenismo. E' stata la società a guastare l'uomo, e le Arti
e le scienze non fanno che aggravare la corruzione umana. Partendo da questo
paradosso e poiché ci si chiede come abbia potuto l'uomo, fondamentalmente
buono, corrompersi nella comunità - Rousseau fonda come una religione nuova,
die prenderà la forma del romanticismo in letteratura, ma che costituisce la
base dell'attuale religione del progresso, della scienza e della tecnica. In
Rousseau questa religione è adorazione della natura, dei suoi istinti, dei suoi
sentimenti, degli impulsi passionali, in una parola: l'adorazione del cuore
umano, ancor più che della ragione umana. Le Confessioni (apparse nel 1781), la Nuova Eloisa (1761),
l'Emilio (1762) e il Contratto sociale (1762) di cui la Rivoluzione farà una
specie di Vangelo, hanno esercitato un influsso incalcolabile. Si può fare di
Rousseau il padre del misticismo democratico clic ispirò i Marat, i
Robespierre, e più tardi un Edgardo Quinet e i neogiacobini del combismo; come
pure se ne può fare il padre del misticismo sociale e comunista che attraverso
Saint-Simon, Fourier, Proudhon e Carlo Marx conduce da una parte a Juares e a
Leon Blum, dall'altra a Lenin e a Stalin. Infine, Rousseau è il padre del
misticismo passionale ed estetico, al quale si è ispirata non solo la
letteratura contemporanea, ma anche la religione della musica o dell'arte per
l'arte.
AGNOSTICISMO
E POSITIVISMO
II naturalismo, di cui stiamo
cercando di descrivere lo sviluppo, è penetrato anche nel campo filosofico.
Descartes, nel suo razionalismo rettilineo, aveva conservato alla religione
rivelata il posto che le spettava. Ma dopo di lui Locke (1632-1704) aveva
applicato le sue idee in senso positivistico. David (lume (1711-1776) aveva
accentuato tale tendenza. Emmanuele Kant (1724-1804) era arrivato
all'agnosticismo, affermando che la
Critica della ragion pura testimonia l'incapacità della
ragione umana di fronte all'assoluto. L'uomo, secondo Kant, non può dimostrare
nulla intorno a Dio, all'anima, alla libertà morale, alla sostanza delle cose.
Tuttavia la legge morale incisa nel cuore degli uomini, postula l'esistenza di
Dio. Kant conserva dunque la religione naturale - non la religione rivelata -
come un postulato indimostrabile, come una esigenza della coscienza e in
sostanza come una credenza soggettiva. Ma non ammetteva altra rivelazione
all'infuori di quella che l'uomo fa a se stesso e presagiva tempi nuovi in cui
" l'umiliante distinzionc tra i laici e i chierici cadrà da sola ".
Dopo Kant e Fichte ed Hegel, la
filosofia è impegnata a identificare religione e progresso, religione ed
evoluzione ascendente. Dio non c'è, ma nell'uomo e mediante l'uomo, è in via di
creazione. Dio è l'ideale segreto verso il quale tende l'evoluzione umana.
Idee analoghe vengono sostenute,
sotto una forma molto diversa, da Augusto Comte, il padre del positivismo. Per
lui Dio, l'anima, la sostanza, sono parole prive di significato, creazioni
dello spirito umano nei suoi primi balbettii. Una cosa sola è accessibile a
noi: quello che cade sotto i sensi, sotto l'osservazione scientifica. La
teologia deve far posto alla filosofia, e la filosofia risolversi nella
scienza. Augusto Comte è il padre dello scientismo di cui Renan doveva, nel suo
libro L'avvenire della Scienza, farsi l'araldo e per così dire l'
"altoparlante ".
Ma questo ci porta ad un esame
importante: quello delle leggi, di diffusione del naturalismo contemporaneo.
LE
LEGGI DI DIFFUSIONE DEL NATURALISMO
Nel secolo XVII come nel XIX si è
potuto notare una singolare legge di diffusione riguardo alle idee
antireligiose del naturalismo. Questa legge è uguale a quella della
degradazione dell'energia nel campo fisico. La diffusione avviene per gradi,
attraverso i quali la purezza dell'idea non cessa di "degradarsi".
Nel primo grado, la dottrina
rimane confinata nelle alte sfere filosofiche, e conserva una certa serenità.
Le sue negazioni sono categoriche e formali, ma teoriche e cortesi, spesso,
anzi rispettose. Il positivismo di Giovanni Locke agli inizi del secolo XVIII e
quello di Augusto Comte verso la metà del XIX, non hanno un tono aggressivo.
Sono come discussioni di pure idee.
Nel secondo grado, queste idee
cadono come oracoli in menti meno robuste, meno originali, meno profonde, ma
più ardite e più svelte, che si affrettano a volgarizzarle, con affermazioni
spesso piuttosto drastiche. Un Voltaire nel secolo XVIII e un Renan nel XIX
assolvono appunto questo compito sotto l'influsso dei pensatori solitari del
loro tempo, il loro stile limpido e vivace, la loro capacità di esposizione e
di espressione, favoriscono egregiamente la causa che essi hanno abbracciata.
Con Renan, l'hegelianismo diventa accessibile e suadente. Attorno a questi
volgarizzatori di talento, si raggruppa un nugolo di discepoli, di ammiratori,
di partigiani fanatici ed entusiasti: conferenzieri, scrittori di opuscoli,
giornalisti, romanzieri, professori e uomini politici. Le dottrine passando di
bocca in bocca si deformano e si impregnano di sentimenti istintivi, violenti,
ostinati, che prendono il posto delle prove, delle discussioni. Diventano di
moda e si forma l'opinione.
Infine, nel terzo grado, le
teorie antireligiose - scientismo, materialismo, marxismo - raggiungono il
popolo. Qui, esse assumono l'aspetto di passioni del tutto primitive. Le
discussioni di idee si mutano in discussioni di interessi, in opposizioni di
persone, in lotte di partiti politici. Lo scientismo diventa anticlericalismo.
Ecco apparire l'odio. Il
razzismo, la lotta di classe, la grande battaglia tra comunismo e capitalismo,
si alimentano di queste passioni frenetiche. Il disordine e la disunione fra i
cristiani - poiché nella maggior parte dei casi, si tratta appunto di "
battezzati " e quindi di cristiani.- sono giunti al colmo. La "degradazione"
è stata continua. La discesa delle idee sbalordisce: dal libro al giornale e
dal giornale alla strada. Il naturalismo arriva così a ciò die i suoi
iniziatori non avevano saputo prevedere, alla completa amoralizzazione delle
masse, all'aumento della criminalità, all'anarchia sociale e, per contraccolpo,
al totalitarismo o dello Stato o del Partito. E a questo punto ci troviamo oggi
noi.
Ricordiamo che un catalogo degli
errori naturalisti moderni fu compilato e pubblicato 1'8 dicembre 1864 dal papa
Pio IX con il nome di Sillabo; esso sollevò ire quasi incredibili perfino negli
uomini di Stato e ancor più tra i pubblicisti e i loro lettori abituali. Questa
denuncia degli errori fu denunciata a sua volta come un segno evidente di
oscurantismo e di spirito retrogrado. Ma la Chiesa non ha nulla da ritirare delle sue
precedenti condanne, le quali furono anche troppo giustificate.
IL
CATTOLICESIMO LIBERALE
Questo movimento
è erroneamente posto in relazione al rifiuto dell’Ancien Régime, alla
conseguente accettazione delle forme politiche seguenti la Rivoluzione Francese
e, per l’Italia, con la difesa del potere temporale del Papa. Tuttavia,
entrambi questi aspetti sono piuttosto effetti del cattolicesimo liberale che
sue cause. L’essenza del cattolicesimo liberale consiste invece nella pretesa
della accettazione, per la società ma anche per la vita interna della Chiesa
Cattolica, dei principi del naturalismo, del libero pensiero e del
rousseaunianismo, indubbiamente veicolati dalla Rivoluzione francese ma, come
abbiamo visto, non solo da essa.
Si può far
risalire il cattolicesimo liberale nella sua forma classica a Félicité Robert
de Lamennais (1782-1854), un sacerdote dalla brillante abilità di scrittore e
oratore, inizialmente ultramontano, cioè fedele al Papa. Papa Gregorio XVI
condannò con l’enciclica Mirari vos (15.8.1832)
le idee di indifferentismo e di abuso della libertà di "coscienza",
di stampa e di pensiero diffusi dal Lamennais, attraverso il giornale L’Avenir (Avvenire), da lui fondato nel
1830. Lammennais e il suo giornale non vengono mai nominati in quella prima
enciclica: Lamennais comunque, si sottomise, poi uscì dalla chiesa e difese la
sua decisione nel libro Paroles d’un
croyant (1834), in cui ripeteva le dottrine antecedenti. Gregorio XVI
rispose con un’altra encliclica, la Singulari Nos
(25.7.1834).
Lamennais trovò
vasta corrispondenza nel cattolicesimo italiano, in particolare in un altro
sacerdote apostata, Vincenzo Gioberti e, poi, in quella del Padre teatino
Gioacchino Ventura, ma sarebbe errato individuare in questi nomi altisonanti
gli unici esponenti di questa eresia, diffusissima ma occulta. Infatti,
ereditando le modalità operative del giansenismo nei confronti della Santa Sede
(sottomissione all’autorità, ma continuazione della diffusione di errori ) il
movimento si diffuse in tutto il mondo cattolico d’Occidente. Tutto il
Pontificato di Pio IX può essere considerato anche come una incessante lotta
contro il diffondersi del cattolicesimo liberale all’interno del movimento
cattolico in Italia. Dal seno del cattolicesimo liberale usciranno gli
esponenti del modernismo italiano.
L'AMERICANISMO
Se menzioniamo qui, nel numero
delle eresie, l'americanismo, è solo a titolo di cronaca. Non vi è stata
infatti in esso una eresia formale, ma tutt'al più un passeggero contagio
naturalista, che doveva scomparire appena denunciato e condannato.
Ecco come si sono svolti i tatti.
Fra i missionari cattolici più noti in America, vi era il P. Isaac-Thomas
Hecker, fondatore dei "Missionari di san Paolo". Era nato a New-York,
nel 1819, da genitori protestanti. Convertitosi al cattolicesimo nel 1844,
entrò fra i redentoristi nel 1845 e fu ordinato sacerdote nel 1849. Rientrato
in America, aveva acquistato grande reputazione di oratore, ma pare abbia
cominciato molto presto a diffondere le idee che la Chiesa avrebbe condannate
sotto il nome di americanismo. Venuto in urto con la sua Congregazione, il P.
Hecker uscì da essa e ne fondò una nuova, che si diffuse abbastanza
rapidamente. Morì nel 1888. Era un uomo di zelo, un vero apostolo, il quale
aveva compreso la necessità, nel nostro tempo, di usare i mezzi più moderni, in
particolare la stampa. Un'altra Congregazione, anch'essa posta sotto il
patrocinio di san Paolo, ha potuto sorgere ed essere altamente approvata: nel
nostro secolo, pur mettendo al primo posto dei suoi metodi di apostolato tutte
le scoperte moderne: 1a stampa, il cinema, la radio, la televisione. Si tratta
della Pia Società San Paolo, coadiuvata dal ramo femminile delle Figlie di San
Paolo, e fondata da Don Giacomo Alberione in Alba (Cuneo) nell'agosto 1914. Non
è quindi certamente questo che ha determinato la condanna dell'americanismo. Ma
il P. Hecker fu esaltato, dopo la sua morte, da un biografo indiscreto, il P.
Elliot, il cui libro apparve nel 1894.
Un prete di san Vincenzo de'
Paoli, don Carlo Maignen, denunciò quel panegirico in un opuscolo intitolato:
II P. Hecker è un santo? Ne seguì un'accesa polemica, clic portò alla condanna
dell'americanismo. Che cosa si intendeva con questo nome? In primo luogo, esso
è una tendenza che condanna la costituzione tradizionale della Chiesa, con il
pretesto che " l'avvenire appartiene alle democrazie " e che la
parola libertà esercita ormai un potere magico sugli animi. La Chiesa doveva cessare; in
un modo o nell'altro, di essere una religione d'autorità, per diventare, come
il protestantesimo, una religione di libertà.
In secondo luogo, al dire degli
americanisti, sarebbe tempo di rivedere la scala dei valori spirituali. Il
medioevo ha messo al primo posto le virtù passive: l'umiltà, l'obbedienza, la
povertà, la mortificazione, ecc. La nostra epoca ritiene, giustamente secondo
gli americanisti, che hanno un'importanza molto maggiore le virtù attive:
l'energia nell'azione, l'apostolato esterno, la lotta mediante la parola, la
stampa, la pubblicità moderna - in breve, tutto ciò che si riassume nella
parola di moda : dinamismo - per far trionfare la verità e la giustizia! Gli
uomini d'azione sono i padroni del mondo.
Con simili aspirazioni, siamo
evidentemente agli antipodi del quietismo, quale l'abbiamo abbozzato all'inizio
del presente capitolo. E per questo, a simili idee si da attualmente il nome di
attivismo, diametralmente opposto al quietismo. Ma 1a Chiesa non accetta né
l'una né l'altra di queste posizioni. Il papa Leone XIII, il quale era
certamente quello che si può chiamare un " papa dinamico ", condannò
perentoriamente l'americanismo nella sua lettera Testem benevolentiae,
indirizzata al cardinal Gibbons in data 22 gennaio 1899.
Ma l'attivismo, forma rinnovata
dell'americanismo, rimane una tentazione e un pericolo anche per la Chiesa dei nostri giorni.
IL
MODERNISMO
La stessa cosa, e forse in
maniera molto più grave, vale per il modernismo, con il quale termineremo
questa breve Storia delle eresie. Nella sua enciclica Humani generis del 12
agosto 1950, il papa Pio XII ha potuto infatti ricordare i danni prodotti dal
modernismo sotto le nuove forme che ha cercato di rivestire ai nostri giorni.
Ci limiteremo tuttavia, qui, al
modernismo di cinquant'anni fa, quale fu condannato dal papa Pio X nella sua
enciclica Pascendi del 5 settembre 1907.
E' un fatto da noi costatato
lungo tutto il presente libro, che fra l'ortodossia cattolica e l'eresia del
giorno, si sono sempre verificati dei tentativi di accomodamento e di
conciliazione - per lo più illusori - onde adattare, se possibile, la
immutabile verità cattolica allo spirito mutevole dei tempi. Il modernismo
denunciato dall'enciclica Humani generis ne è l'esempio più recente. Il
modernismo condannato nel 1907 era stato appunto un tentativo del genere, ed è
lecito definirlo come un seminaturalismo.
Fece la sua apparizione negli
ultimi anni del secolo XIX, in varie parti simultaneamente, ma solo negli
ambienti universitari e tra gli ecclesiastici di vasta cultura scientifica. In
Francia, il principale iniziatore del modernismo fu un sacerdote, Alfredo
Loisy, uno studioso di esegesi, professore all'Istituto cattolico di Parigi,
che per meglio combattere - diceva - il protestantesimo liberale di Adolfo
Harnack e colleghi, adottò pienamente il linguaggio e i metodi degli avversari.
Nel 1902 egli pubblica un piccolo libro, II Vangelo e la Chiesa , in cui si
insinuavano con discrezione ed efficacia le idee più avanzate. Il Vangelo,
secondo lui, era nato nella prospettiva della imminente fine del mondo, e con
tinte come diceva - escatologiche. Poi, siccome la fine del mondo non si
era verificata, la Chiesa
si era installata da padrona in seno al popolo cristiano, che vedeva il destino
dell'universo prolungarsi al di là del termine previsto. Si riduceva in tal
modo il cristianesimo ad una specie di avventismo illusorio. E siccome si
levavano critiche da ogni parte contro questa tesi così arrischiata Alfredo
Loisy riaffermò il suo pensiero in un secondo volumetto, che aveva come titolo
: Intorno a un piccolo libro (1903). Era ormai chiaro che dietro la sua tesi
profilava una particolare filosofia della storia dei dogmi. Alcune voci, in
numero ridotto, ma pure di un certo valore, facevano presto eco alla sua:
l'ex-padre Tyrrel, gesuita, in Inghilterra; Hermann Schell a Wusburg;
Buonaiuti, Murri, Menocchi e il romanziere Fogazzaro in Italia. Tutti costoro
professavano idee più o meno simili a quelle del Loisy.
Ciò che rendeva particolarmente
difficile la confutazione di questa eresia, era il fatto che essa rappresentava
uno stato d'animo, tendenze sfuggevoli e mal definite piuttosto che un preciso
corpo di dottrine. A Roma tuttavia, si iniziò una paziente e minuziosa
inchiesta. Si raccolse una lista di 65 proposizioni tratte dalle opere dei vari
autori sospetti. E queste proposizioni furono condannate con il decreto
Lamentabili del 3 luglio 1907. Quindi, senza dar tregua, il papa Pio X
preparava un documento più approfondito, nel quale si sarebbe fatta una
descrizione completa dello stato d'animo che costituiva quello che il papa fu
il primo a denominare modernismo; E si ebbe cosi l'enciclica Pascendi, opera
profondamente elaborata e in cui il ritratto del modernismo era delineato in
maniera così precisa che gli stessi autori presi di mira ne furono stupefatti.
Il papa tuttavia non nominava alcuno, e tracciava semplicemente quel
ritratto-tipo del modernista visto come filosofo, come credente, come teologo,
come critico, come apologista e come riformatore.
COME FILOSOFO, il modernista pone
per principio che noi non possiamo conoscere nulla di Dio, della sua esistenza
e dei suoi attributi, attraverso il ragionamento intellettuale. Prende dunque
come punto di partenza l'agnosticismo kantiano e positivistico. La religione,
cioè la credenza in Dio, è per lui un prodotto spontaneo e irrazionale della
nostra natura. Dio ci è stato rivelato, nell'intimo del cuore, dai richiami
della nostra coscienza morale e dai sentimenti istintivi della nostra anima,
che ha bisogno di un ideale per vivere. Questo intimo richiamo è quello che
viene denominato immanentismo.
COME CREDENTE, il modernista si
attacca a quel Dio che la sua coscienza gli rivela; lo considera, in nome della
sua esperienza intima, come veramente reale (per quanto indimostrabile), e sostituisce
all'aridità del razionalismo ateo le effusioni di un misticismo ardente, benché
puramente soggettivo. Cosi avevano fatto i pietisti; a questa conclusione era
anche giunto uno Schleiermacher, teologo protestante (1768-1834) il quale aveva
restaurato quella specie di credenza quasi distrutta dal razionalismo
filosofico del secolo XVIII.
COME TEOLOGO, il modernista
descrive il lavorio inconscio che si compie nell'anima del credente il quale
voglia considerare la propria fede. Questi è costretto a ricorrere alle idee
del suo tempo. Inventa quindi delle formule, die passeranno di bocca in bocca,
diventeranno tradizionali e si inaspriranno nei conflitti contro gli
inevitabili avversari. E' in questo modo die sono nati i dogmi. Ma a ben
riflettere - conclude il modernista - si comprende come dogmi e riti (diventati
sacramenti), non siano stati altro che veicoli occasionali della credenza, come
non avessero altro valore se non quello di simboli di tale credenza, e come
possano e debbano scomparire appena il sentimento religioso, fatto adulto e
cosciente, non avrà più bisogno di essi.
COME STORICO, il modernista
ostenta di credere solo ai testi, alle fonti, alle testimonianze. Ma - non
dimenticando che è filosofo e teologo - manipola i testi in modo da ricondurli
ai suoi concetti filosofici e teologici. Giungerà quindi a dichiarare
inconcepibile il miracolo, e a purgare i testi di quanto essi possono contenere
di soprannaturale. Farà - dice - una storia critica e scientifica. Così Alfredo
Loisy tratta il Vangelo, e così Anatole France trattava Giovanna d'Arco e il
romanziere Zola i fatti di Lourdes.
Sulle basi di questa "
storia ", il modernista crede inoltre di potersi atteggiare ad apologista
della religione. Si rivolge quindi ai razionalisti, e mostra loro il cattolicesimo
riconciliato in lui con lo spirito moderno, con la scienza moderna; e si crede
in grado di stabilire un patto di alleanza fra la Chiesa e il libero
pensiero. Ma egli sa bene che è possibile riformare solo dall'interno; e perciò
si ostina a rimanere nella Chiesa, benché si senta in fondo separato da essa da
tutto un mondo di idee e di teorie che quella Chiesa rigetta con orrore.
In seguito alla condanna del
modernismo pronunciata dal papa san Pio X, i modernisti dovettero però
escludersi da se stessi dalla Chiesa. Il modernismo ebbe, al pari delle altre
eresie, sinché un effetto proficuo. Determinò un ritorno alle fonti, che si
manifestò con un magnifico rinnovamento degli studi biblici e patristici, con
una restaurazione quasi generale della liturgia, le cui ripercussioni si
notarono nella vita parrocchiale, nella partecipazione dei fedeli ai sacri
misteri, in una conoscenza più approfondita della religione e in un grande
desiderio di istruirsi a questo riguardo.
Perfino nelle sette cristiane dissidenti
questo movimento si propagò con maggiore o minore intensità. Un teologo della
statura di Karl Barth, in seno al calvinismo, deve essere considerato come
antimodernista. Egli pure volle tornare alle fonti. Prese come centro la
persona di Gesù Cristo, immolato e annichilito per amor nostro. Dal punto di
vista cattolico è da rimpiangere che egli sia rimasto nel calvinismo rigido. Ma
ciò che si deve lodare senza riserve, è il suo desiderio di una predicazione
evangelica pura e di una vita cristiana il più possibile conforme all'ideale di
carità evangelica.
Si devono collegare al modernismo
le forme di pensiero manifestatesi, in Francia, con il movimento del Sillon di
Marco Sangnier. Si trattava di tradurre dal piano della fede e della cultura
modernistica una precisa visione della società e una sola concezione politica,
basata sulla democrazia come assoluta verità che risiederebbe nella
maggioranza. Il movimento fu condannato da san Pio X con la lettera Notre charge apostolique, si nascose, ma
conservò grande vigore riemergendo fortissimo dopo la Seconda Guerra
Mondiale in tutti i movimenti cattolici dei paesi del mondo Occidentale.
Creazionismo e diritti umani
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In esclusiva per i forum di TotusTuus.Net, riprende la pubblicazione degli «Antidoti».
Lo scorso venerdì l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, a maggioranza, ha invitato i governi della Ue a fare di tutto affinché il creazionismo non venga insegnato nelle scuole, perché (testuale) «rischia di trasformarsi in una seria minaccia ai diritti umani».
Il Corsera riferiva, il giorno dopo, che particolare attenzione è stata riservata al nostro Paese, dove nel 2004 il ministro della pubblica istruzione (allora Letizia Moratti) aveva addirittura osato avanzare la proposta di eliminare l’insegnamento dell’evoluzionismo dai programmi scolastici; ma prima, saggiamente, aveva sottoposto la questione a un comitato di «esperti», tra cui i premi Nobel Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia.
Il comitato aveva risposto che, al contrario, l’insegnamento dell’evoluzionismo è fondamentale per gli studi in generale e per la crescita civica degli studenti in particolare, in quanto salutare antidoto contro il razzismo e l’eugenetica.
Certo, a ripensare ai disegnini che campeggiavano (e campeggiano) sui sussidiari dell’obbligo, qualche perplessità viene.
Ci riferiamo all’ameba che diventava pesce, il quale diventava tartaruga e poi coccodrillo; questo usciva dall’acqua e si metteva a camminare a quattro zampe perdendo le scaglie e il colore verde; poi diventava pitecantropo e si copriva di peli, ergendosi via via fino a farsi scimmione e infine homo nudus.
Qualche illustratore completava la catena raffigurando un tizio in giacca-cravatta-occhiali che picchiettava su un computer.
Quanto ciò potesse ostare al razzismo, però, non si sa.
Infatti, pare vero il contrario: se Darwin ha visto giusto, forse non tutte le «razze» si sono evolute allo stesso modo e negli stessi tempi.
Per quanto riguarda l’eugenetica, poi, proprio le teoria della selezione naturale sembrerebbe giustificarla.
Già: se il «caso», cieco per definizione, ci ha messo miliardi di anni per produrre l’homo informaticus, gli scienziati odierni, che ci vedono benissimo, possono dare la giusta spintarella all’evoluzione con interventi mirati e accelerare quel che, tanto, è ineluttabile.
Certo, credevamo che lo scontro evoluzionisti-creazionisti fosse cosa tutta americana perché roba da fondamentalisti protestanti.
Anzi, pare proprio che i talebani della situazione siano da ricercare tra i darwinisti senza se e senza ma, quelli che nel 2005 balzarono alla gola del cardinale di Vienna, Christoph Schönborn, che aveva osato dichiarare al New York Times: «Ogni scuola di pensiero che nega o cerca di ignorare la schiacciante evidenza del “disegno intelligente” in biologia, è ideologia e non scienza».
Infatti, è noto che la vita non si genera spontaneamente dalla non-vita e il «caso» non è certo un concetto scientifico.
Ma è anche noto che gli organismi consultivi della Ue vedono nella Chiesa cattolica e nei suoi esponenti il maggior pericolo per i «diritti umani», date le loro posizioni in materia di gay.
Ora, poiché ci sono luminari che, come il nostro Veronesi, sono sicuri di un’ulteriore tappa evoluzionistica dell’umanità in senso bisessuale, qualcuno in sede Ue forse ha pensato bene di mettere le mani avanti?
domenica 18 marzo 2012
La teoria del Disegno intelligente
La teoria del Disegno intelligente
“L’Intelligent Design (il Disegno intelligente) è l’affermazione che alcune parti della natura vengono meglio spiegate come il prodotto dell’azione deliberata di un agente intelligente. Un buon esempio è quello del monte Rushmore, su cui sono scolpiti i volti di quattro presidenti americani. Vedendoli, anche un turista che non ne avesse mai sentito parlare capirebbe che sono il frutto di un progetto, non del vento e dell’erosione. In Biologia accade una cosa simile: la scienza ha scoperto che parti della natura danno una forte impressione di essere il risultato di un progetto. Di tali aspetti si dà un migliore resoconto considerandoli prodotto di un progetto piuttosto che del caso e della selezione naturale”.
Così, con queste parole, il prof. Michael Behe (nella foto), docente di Biochimica alla Lehigh University in Pennsylvania, illustra il proprio pensiero critico nei confronti del Darwinismo, facendosi portavoce di un movimento culturale, quello dell’Intelligent Design (I.D.) che è nato recentemente negli USA e che è approdato anche in Europa. L’opera più importante, indispensabile per capire il pensiero di questo movimento culturale – che comunica anche attraverso un ricco sito web – è certamente “Darwin’s black box” (la scatola nera di Darwin), da cui è stata tratta la citazione.
L’autore, Michael Behe, sostiene che quando il naturalista inglese Charles Darwin scrive, nel 1859, le conoscenze scientifiche del tempo non avevano ancora svelato i segreti della vita, così come oggi, sia pur in modo ancora imperfetto – come lo sarà sempre -, appaiono chiari e spesso divulgati anche al grande pubblico. La scatola nera di Darwin è costituita da tutte le immense conoscenze che oggi infittiscono i manuali liceali e universitari di Citologia, di Biochimica, di Genetica, di Anatomia e di Fisiologia e di cui ho già dato un elenco. Gli esseri viventi rivelano una complessità, una finalità e un significato che erano inimmaginabili con gli strumenti di indagine disponibili nel secolo diciannovesimo, quello che ha dato vita alla Teoria dell’evoluzione. Per questo è necessario una revisione radicale del lavoro di Darwin. Secondo Behe, la categoria fondamentale per interpretare le strutture anatomiche e il loro significato fisiologico presenti negli esseri viventi, a partire dalla singola cellula, non può più essere la mutazione casuale fissata dall’ambiente, ma la “complessità irriducibile”. Una struttura rivela una complessità irriducibile quando manifesta una funzione che non è presente in nessuno degli elementi che la compongono.
Per esempio, citando l’altro grande leader dell’I.D., il prof. William Dembski, della Baylor University,: la parola “disegno” è una complessità irriducibile perché comunica un significato che non è riconducibile a nessuna delle lettere di cui è formata. Sono moltissimo gli esempi che si possono registrare in biologia: dalla membrana cellulare all’occhio di un vertebrato, dal processo di coagulazione del sangue alle reazioni biochimiche del metabolismo cellulare, dal DNA al suo codice. Tali strutture non possono funzionare se manca anche solo un piccolissimo “pezzo”, così come una trappola per topi non può essere efficace se manca del tagliere o della molla. L’occhio “vede”, ma nessuna delle sue componenti prese singolarmente lo fa; il DNA contiene “istruzioni” che non appartengono a nessuna delle sue molecole singole. Gli esseri viventi in generale non si prestano quindi ad essere interpretati come il frutto di graduali e progressivi cambiamenti creati dalla mutazione casuale e fissati successivamente dalla selezione dell’ambiente in cui si trovano, così come vorrebbe la teoria dell’evoluzione.
Si deve piuttosto ricorrere alla categoria di “Progetto”, di “Disegno intelligente”, che postula un Autore che possiede la visione d’insieme e che quindi pianifica tutte le operazioni necessarie per raggiungere lo scopo. Del resto è comunemente accettato, anche dai biologi evoluzionisti, che le attuali teorie non riescono a spiegare la cosiddetta “macroevoluzione”, ossia il passaggio da una classe all’altra degli animali vertebrati (dal pesce fino al mammifero). Quella dell’I.D. è soprattutto un’azione demolitrice nei confronti dei meccanismi proposti dalla teoria dell’evoluzione; la sua parte costruttiva consiste nella constatazione che, osservando gli esseri viventi, è verosimile inferire un Progetto che porta, come sempre accade in questi casi, una sua firma.
Si tratta dunque di una versione moderna del Creazionismo (= la vita è un prodotto di Dio) che ha avuto le sue battaglie in tribunale (negli USA) per ottenere nelle scuole l’insegnamento di una Teoria alternativa al Darwinismo; ma questo è un aspetto secondario della faccenda, che rischia di sviare il ragionamento più importante, quello sulla complessità irriducibile. Perché il punto della controversia non è il Creazionismo o il Non creazionismo, ma la “bontà scientifica” della teoria dell’evoluzione. L’ipotesi di un Creatore non dirime la questione: l’evoluzione si oppone solo al fissismo, ma è compatibile anche con un Dio.
La prima critica che viene mossa all’’Intelligent Design è che il suo approccio alla natura è di tipo filosofico e non di tipo scientifico; tuttavia, se guardiamo bene, la stessa critica può essere mossa anche ai testi “canonici” dell’Evoluzionismo, a partire proprio dalla scelta dei titoli: “L’Origine delle specie per opera della selezione naturale”, “Il caso e la necessità”, “Creazione senza Dio”, “L’illusione di Dio”, “Nati per credere”: sono tutte interpretazioni della realtà. La differenza fondamentale consiste nella risposta alla domanda delle domande: “Perché esiste la vita?”; per l’Intelligent Design la causa è trascendente, per l’Evoluzionismo la causa semplicemente non esiste.
Si potrebbe forse dire che il riconoscimento dell’inadeguatezza del modello dell’evoluzione “graduale” ha portato da una parte alla formulazione della nuova Teoria Evo-Devo e dall’altra a questa ipotesi: non sono alternative tra loro, perchè si collocano su due piani diversi, quello scientifico e quello filosofico. Si potrebbe anche dire, tuttavia, che la teoria del Disegno Intelligente è una risposta all’Evoluzionismo onnicomprensivo: se da una parte si postula l’esistenza di un Creatore responsabile del progetto della “vita”, dall’altra si invoca l’azione del caso e dell’ambiente come se fossero capaci di generare le forme della vita: quale versione sarà più credibile? Scienza e Filosofia si intrecciano fortemente quando si parla di “origine”.
Mi sia consentito, al termine di questo lungo percorso storico, esprimere il mio personale consenso alla ragionevolezza dell’ipotesi che, in virtù della rigorosa analisi delle cause seconde identificate nella Biochimica, nella Genetica e nella Fisiologia, ricorre ad una spiegazione ultima della realtà al di fuori della stessa, nella Metafisica. Come abbia potuto accadere, credo che esuli dalle capacità di comprensione della nostra mente. Concordo per questo con Wittgenstein: “il senso del Mondo dev’essere fuori di esso”.
Evoluzionismo: mancano le prove
Evoluzionismo: mancano le prove |
Da un po’ di tempo a questa parte i grandi giornali, e diverse riviste, hanno ricominciato a proporre al grande pubblico dei disegnini in cui simpatiche scimmie pelose divengono a poco a poco bipedi, perdono un po’ di peluria, ingrandiscono il cranio e, voilà, divengono uomini. I disegni in questione hanno uno scopo: ricordare a tutti che siamo solamente bestie.
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Eppure questo rispolverare con tanta tenacia il pensiero vetusto di Charles Darwin non ha nulla di scientifico, a differenza di quanto si voglia far credere.
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Ma soprattutto Darwin è l’uomo che porta a compimento lo spirito filosofico di un’epoca: quando lui scrive, già altri filosofi, prima di lui, hanno affermato ormai come certa l’idea di progresso (illuministi, idealisti, positivisti), di evoluzione e di lotta per la vita (Spencer, Malthus), di concorrenza e sopravvivenza del migliore (dottrine liberiste di Adam Smith, tanto amate da Darwin).
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La polemica esplode soprattutto quando Darwin sostiene di aver compreso che anche l’uomo discende da una qualche forma scimmiesca, e che tutto a sua volta origina da un unico progenitore, una sorta di larva marina. Questa concezione, trasformista più che evolutiva è però qualcosa di assolutamente indimostrato, a cui Darwin crede in base ad un erroneo ragionamento: siccome con la selezione artificiale l’uomo riesce a migliorare la razza di un cavallo, o a produrre varie specie di rose, perché non potrebbe accadere, casualmente, nel lunghissimo periodo, per gradi, che da una forma di vita primordiale possano essere nate poi tutte le altre? In questo modo non tiene conto del fatto che la selezione artificiale, anzitutto, non è casuale, ma è guidata da un essere intelligente come l’uomo; in secondo luogo che detta selezione può portare alla produzione di varie specie di rose o di cavalli, ma non porterà mai alla trasformazione delle rose in tulipani, o dei cavalli in dinosauri!
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Quali prove ci dà Darwin? Nessuna. Fornisce solo tre bacchette magiche: il tempo, che farebbe ogni cosa; il caso, che non si capisce cosa sia, specie per una mentalità scientifica; e la selezione naturale, che, paradossalmente, avrebbe immensi poteri “creativi”. Darwin dimentica di spiegarci come faccia la cieca selezione naturale a scegliere e ad accumulare, per un futuro, le mutazioni casuali benefiche, che al presente non servono a nulla nella lotta per la vita. Per fare un esempio: a un pesce che diverrà animale terrestre, che cosa può servire un abbozzo di arti inferiori, inutilissimi nella vita acquatica come pure in quella sulla terra? Il darwinismo in realtà si presenta come una ipotesi che scientificamente non serve, in quanto manca di rigore, di riproducibilità, di basi matematiche, ed è incapace di fare previsioni, cioè di ricavare applicazioni pratiche. Inoltre non spiega nulla. Né l’origine della vita (anche il brodino primordiale avrebbe bisogno di una Causa Prima, cioè di Dio), né la varietà delle specie (può derivare tutta, come scrive Sermonti, da “Errori Tipografici Fortunati”?); né la bellezza della creazione (perché i colori delle farfalle, dei pesci esotici, o le piume colorate del pavone, in un’ottica di pura lotta per la vita?); né il perché dell’esistenza nell’uomo, a differenza che negli altri animali, della parola, del pensiero, dell’arte, della coscienza morale, della libertà, dell’idea di Dio, dell’idea di famiglia. Inoltre, il darwinismo manca del tutto di prove: non esistono gli anelli di congiunzione tra una specie e l’altra, mancano esempi di macroevoluzione sotto i nostri occhi, ed è assurda l’idea di un cosmo ordinato che nasce dal disordine, dalla pura casualità. Ipotizzare la nascita delle specie viventi da una semplice forma di vita iniziale, per mutazioni casuali, è come immaginare che delle lettere dell’alfabeto mescolate a caso diano vita ad una ricetta di cucina, la quale, nel tempo, per caso, si trasformerà in una poesia di Petrarca, e poi nella Gerusalemme Liberata di Tasso.
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Bibliografia
Francesco Agnoli – Alessandro Pertosa, Contro Darwin e i suoi seguaci (Nietzsche, Zapatero, Veronesi, Singer), Fede & Cultura, 2006).
Daniel Raffard de Brienne, Per finirla con l’evoluzionismo, Il Minotauro, 2003.
Maurizio Blondet, L’uccellosauro ed altri animali, Effedieffe, 2002.
Mariano Artigas, Le frontiere dell’evoluzionismo, Ares, 1993.
Jean-Marie de la Croix, L’Evoluzione darwiniana dell’Uomo, Ipotesi vera o falsa?, Mimep-Docete, 2002.
© il Timone
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domenica 4 marzo 2012
DALL IMPERFETTO NON PUO VENIRE IL PERFETTO
ESSERE EVOLUZIONISTI SIGNIFICA AFFERMARE CHE DALL INFERIORE ESCE IL SUPERIORE,DAL MENO PERFETTO IL PERFETTO,DAL BENE IL MALE !!! E' COME DIRE CHE SATANA POTREBBE DIVENTARE DIO. SE IO PRENDO UN OPERA COME LA DIVINA COMMEDIA ,LA FACCIO A PEZZETTINI DI UN LIBRO,POI LA BUTTO IN ARIA ,NON USCIRA MAI DI NUOVO,NON SI COMPORRA MAI DA SOLA LA DIVINA COMMEDIA ,IN ETERNO .
sabato 3 marzo 2012
Evoluzione come contro-creazione
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In generale stabilire che una cosa è un errore o una falsità è già cosa positiva. Ma sarebbe anche bene investigare come mai tale errore ha potuto verificarsi e quali sono le sue cause. Nel caso dell'evoluzionismo moltissimi sono ormai gli autori che hanno capito la sua falsità e l'hanno denunciata in vari modi e in varie sedi. Ma pochi sono coloro che hanno capito quali sono le cause di tale errore, quale è la sua natura più profonda, cosa è il suo ispiratore ultimo.
Come noto, tradizionalmente la concezione della creazione si pone come interfaccia fra la teologia e la cosmologia. In altre parole la creazione è la spiegazione che le religioni ortodosse forniscono per l'origine dell'universo, della vita e degli esseri viventi. Esse pongono come a priori un Principio trascendente infinito e assoluto, il quale da origine all'universo finito e relativo e a tutto ciò che vi è contenuto. In questo modo è ovviamente salvaguardato il principio logico che dal più può derivare il meno, dall'infinito può derivare il finito, dall'assoluto deriva il relativo, ma non viceversa.
L'evoluzionismo nasce con l'intento di combattere e soppiantare la suddetta visione del mondo tradizionale e in quanto tale il suo ispiratore ultimo è la contro-tradizione, che se ne serve come di uno strumento fondamentale per la sua opera di sovversione totale. Per la contro-tradizione l'evoluzionismo non è "negoziabile" in quanto le è strettamente connaturato. Non deve stupire quindi che essa lo difenda in tutti i modi e in tutti i campi, essendo uno dei pilastri della sua visione del mondo invertita.
Considerando che gli uomini hanno un innato bisogno di conoscere - bisogno il soddisfacimento del quale è sempre stato uno dei compiti precipui della tradizione vera - la contro-tradizione, se vuole sostituirsi a quest'ultima, deve necessariamente fornire agli uomini una contraffazione della conoscenza in tutti i campi, compreso quello cosmologico. In altre parole la contro-tradizione ha bisogno di avere anche una sua spiegazione delle origini, che vada a sostituire il concetto tradizionale di creazione. L'evoluzionismo è esattamente ciò che serve al suo scopo.
L'evoluzionismo è quindi la contro-cosmologia della contro-tradizione atea. In quanto tale esso non può porre come sorgente di tutto un Principio infinito. Infatti l'ateismo, essendo una contro-religione, avversa tale Principio per definizione. Per essere una contro-religione l'ateismo deve costruire sotto tutti gli aspetti una specie di analogia inversa della teologia. Per cui tutti i concetti devono essere in qualche modo "rovesciati". Questo dell'inversione è un concetto veramente fondamentale per capire tutte le ragioni recondite dell'evoluzionismo.
Chiediamoci: essendo il Principio tradizionale il Tutto, quale può essere l'inverso del Tutto? L'inverso del Tutto è il niente, il nulla. Per cui l'ateismo, per essere veramente l'opposto della religione, arriva a porre il nulla come origine di tutto. Ecco allora che la sua pseudo-cosmologia - l'evoluzionismo - necessariamente da li deve partire per spiegare le cose. Questo spiega perché "l'universo fatto dal nulla" è il cliché che sentiamo ripetere oggigiorno ad nauseam dai cosmologi evoluzionisti atei. E` ciò che sostiene per esempio il famoso astrofisico inglese Stephen Hawking nel suo recente libro "The Grand Design":
"Per la ragione che c'è la legge di gravità l'universo può creare e crea se stesso dal niente."
Oltre al fatto che nessun agente può essere "causa sui", le leggi dell'universo (non solo la legge di gravità) non sono "niente" bensì qualcosa, un qualcosa che richiede un "legislatore", il quale è sempre dimenticato quando gli scienziati come Hawking pretendono di dirci cosa successe agli inizi del tempo.
Il fisico teorico americano Lawrence Krauss nel suo "A Universe From Nothing" ha la stessa fissazione del vuoto creativo:
"Gli scienziati hanno scoperto che lo spazio vuoto è intessuto di energia nella forma di particelle virtuali. Secondo la fisica quantistica particelle sorgono e scompaiono continuamente."
Ma - noi diciamo - uno spazio vuoto riempito di particelle virtuali non è propriamente "vuoto" e non è affatto un "niente". Per essere precisi dovrebbero dire "vuoto di corpi o masse". Perché, se da questo vuoto quantistico "particelle sorgono e scompaiono continuamente", e da esse si formano atomi, e da codesti si formano molecole, e da queste si formano corpi, allora ciò significa che l'iniziale spazio "vuoto" ha la potenzialità di sviluppare l'intera sostanza dell'universo e come tale non è nient'affatto il nulla. Abbiamo quindi all'origine dell'universo della sostanza e delle leggi, che i nichilisti Krauss e Hawking considerano erroneamente niente. Ma l'universo mostra oltre alla sostanza anche un mucchio di essenza e quindi rimane perfettamente ragionevole la necessità di un "motore immobile" del cosmo da cui questa manifestazione di essenza e sostanza deriva, e da cui la sostanza riceve la forma, motore che è negato da Hawking, Krauss e con loro tutti gli evoluzionisti atei.
Per continuare nell'esame dell'analogia inversa o rovesciamento che l'evoluzionismo implica bisogna chiedersi come l'universo nasce nella visione tradizionale e come origina in quella atea. Con quali mezzi nella prima il Principio infinito da effettivamente luogo all'universo e nella seconda il nulla finge di dar luogo all'universo? Anche i mezzi devono riflettere in qualche modo l'inversione dei punti di vista e delle antitetiche visioni del mondo. Devono essere i mezzi stessi antitetici.
Ecco quindi che mentre il Principio manifesta il mondo come disegno per mezzo dell'intelligenza, il nulla origina il mondo senza scopo per mezzo del caso. Anche qui si può vedere una specie di analogia inversa. Da una parte abbiamo un disegno, cioè uno scopo (il disegno è essenzialmente teleologico), dall'altra abbiamo nessuno scopo. Da una parte abbiamo l'intelligenza come mezzo in grado di creare l'"ordo ab chao", l'ordine dal caos. Dall'altra abbiamo il caso, che in un certo senso è l'incontrario dell'intelligenza. Che lo sia lo si capisce pensando che il caso è proprio il "chao", il caos stesso, e non è affatto in grado di per se di farlo diventare "ordo", ordine.
Questo per quanto riguarda l'origine dell'universo nella sua interezza. Nel caso dell'origine della vita valgono considerazioni del tutto analoghe. Questo in fondo si spiega riferendosi all'antico insegnamento tradizionale circa l'analogia fra macro-cosmo (l'universo) e micro-cosmo (l'uomo, che è il prototipo eminente di ogni essere vivente). Anche nel caso del micro-cosmo per il creazionismo tradizionale accade un evento "ordo ab chao". Per l'evoluzionismo accade invece un evento del tutto casuale, che, a partire da molecole sparse, da luogo, o meglio simula di dar luogo, alla prima forma di vita.
Per quanto riguarda l'origine delle specie il creazionismo non ha bisogno di ricorrere ad inutili complicazioni concettuali. Infatti come si è potuto verificare un evento di creazione per una specie vivente non si vede perché non possa verificarsene un altro o N altri. Se un progettista sa disegnare e costruire un progetto è in grado di farne molti altri simili e in modo simile. Sull'argomento vedi anche il nostro precedente articolo "Disegno intelligente e origini biologiche".
Invece l'evoluzionismo deve affrontare delle complicazioni perché essendo la sua causa il caso puro esso ha difficoltà a farsi credere proponendola N volte per ognuna della specie viventi. Qualsiasi profano infatti potrebbe obiettare che, essendo già estremamente esigua la probabilità dell'origine della prima forma di vita, diventa vieppiù infinitesimale se si deve pensare ad una serie di milioni di eventi estremamente improbabili che diano luogo alle forme di vita successive (la probabilità totale di N eventi indipendenti è infatti il prodotto delle singole probabilità).
Ecco quindi che l'evoluzionismo ha pensato ad una "soluzione" sotterfugio che, pur essendo il linea con i suoi "principi", o meglio contro-principi, fondamentali, dovrebbe cercare di rendere più plausibile (almeno ai più ingenui) la spiegazione e in ogni caso superare l'obiezione precedente. Questa soluzione è il darwinismo: da un unico progenitore, per mezzo della mutazione casuale e della selezione naturale, sarebbero via via sorte tutte le specie.
E' importante capire come anche questa soluzione sia un rovesciamento della creazione biologica, una contro-creazione come è detto nel titolo. La creazione tradizionale delle specie è un disegno intelligente coordinato e integrato di processi "paralleli" "verticali" che vanno tutti dalla causa trascendente alla natura, dove esse devono essere infine instanziate per vivere nel tempo e nello spazio. L'evoluzione non può essere un processo verticale parallelo per definizione, perché essa non è causale bensì casuale. Essa deve essere quindi un processo inintelligente "orizzontale" "seriale". Tale è esattamente il darwinismo. Il passaggio macroevolutivo da una forma all'altra è pensato come causato da una serie di eventi casuali (mutazioni) operanti sul genotipo sui cui risultati fenotipici opera la selezione naturale.
Questa selezione naturale, tanto decantata dall'evoluzionismo come avesse una sorta di potere creativo, in verità se si va in fondo alle cose è più una distruzione che una creazione, una morte piuttosto che la vita. Infatti selezione vuol dire semplicemente che i non adatti sono eliminati. E' questo un aspetto caricaturale interessante dell'evoluzione: non è paradossale che una teoria che si propone di spiegare la vita invero usa la morte come "engine" o motore processivo?
Ma anche questo paradosso viene ad avere una sua logica perversa all'interno di una cornice concettuale ove l'evoluzione viene vista come contro-creazione. La morte per l'evoluzione deve essere il paradigma principale proprio perché all'opposto la vita è il paradigma principale per il creazionismo. Per il creazionismo la morte è solo una conseguenza secondaria inevitabile di quella che in termini teologici si chiama "caduta". Espresso in termini termodinamici, nel creazionismo l'entropia (morte) - fattore secondario - distrugge purtroppo un'organizzazione preesistente (vita) - fattore primario. In un certo senso nell'evoluzionismo l'entropia diventa invece fattore primario (il caso creativo, come viene chiamato). Ecco di nuovo un'altra inversione che costituisce un altro tassello del quadro complessivo che stiamo delineando qui.
Se poi pensiamo all'importante concetto di gerarchia funzionale tipico del paradigma "disegno intelligente" tradizionale (vedi il nostro articolo precedente sui "Sistemi complessi a gerarchie nidificate") l'evoluzionismo dovrà cercare in tutti i modi e in tutti i campi di "appiattire" le gerarchie della qualità e ridurle alla sola quantità, al livello gerarchico più basso. Questo significa eliminare e negare dappertutto e sempre la qualità, che è inerente ai livelli gerarchici superiori. Oppure, se non si riesce a eliminarla perché troppo evidente nel cosmo, si dirà che essa può scaturire dalla quantità, cosa impossibile per definizione. In primis si dovrà comunque negare il disegno, che è qualità, e affermare il caso, che è quantità.
Data la corrispondenza materia-quantità e informazione-qualità, l'evoluzionismo, se deve veramente svolgere la sua funzione di contro-creazione, dovrà cercare di spiegare tutto in termini materialistici negando l'esistenza dell'informazione anche dove essa è più evidente, nell'organizzazione e nella complessità cosmologica in generale e biologica in particolare.
Tutto deve essere "spiegato" dal basso per il semplice fatto che l'alto non deve esserci - secondo la contro-tradizione. Abbiamo già visto nell'articolo precedente sulla "Potenzialità ed emergenza" che per l'evoluzionismo qualsiasi cosa, anche la più qualitativa ed essenziale, può "emergere" (la scelta di questo verbo è molto significativa) dalla sola materia, intesa nel modo più quantitativo possibile. L'"emersione", che per definizione opera dal basso, è quindi un termine perfettamente appropriato all'evoluzionismo, in quanto macchina da guerra di un ispiratore ultimo che nega l'alto e la vera gerarchia sempre e comunque.
Per l'evoluzionismo, il disegno intelligente, che è eminentemente qualitativo, deve essere negato a qualsiasi livello oppure definito completamente illusorio. Ci sono evoluzionisti che sono arrivati addirittura a sostenere che il corpo umano non è disegnato (questo ovviamente mentre essi usufruiscono per una vita intera di tutte le funzionalità e servizi del loro stesso corpo - non è una palese contraddizione?). Quando si arriva a negare il disegno nel sistema più complesso che esista nell'universo allora veramente qualsiasi cosa anche la più assurda ed illogica può passare sotto la bandiera dell'evoluzionismo. D'altra parte anche questa negazione del disegno nell'uomo ha la stessa logica rovesciata della contro-creazione. Secondo la tradizione Dio fa l'uomo a sua immagine e somiglianza e allora il rovesciamento nega ogni disegno in questa immagine in modo da riflettere il nulla sulla sorgente, cioè il Creatore stesso, che viene negato dalla contro-tradizione. Il cerchio si chiude, ritorniamo a verificare un'altra volta quello che è stato detto prima: la contro-tradizione sostituisce il nulla al Grande Progettista e l'evoluzione è il suo contro-progetto.
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